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Critone riassunto e spiegazione

Critone dialogo composto nel 395 a.C. circa da Platone. Per la cronologia degli eventi rappresentati, si colloca tra l’Apologia e il Fedone, cioè tra il dialogo che rievoca il discorso difensivo di Socrate davanti al tribunale popolare che lo condannò a morte (Apologia) e quello che rappresenta l’ultima giornata di vita del filosofo (Fedone).

Critone di Platone riassunto e spiegazione

Critone espone a Socrate, suo amico e maestro, un piano per evadere dal carcere di Atene in cui è rinchiuso in attesa di essere giustiziato. Socrate rifiuta il piano di evasione: l’uomo giusto, di fronte a una sentenza scaturita dalle leggi che rispetta, non può che accettare il verdetto, anche qualora le leggi siano ingiuste. Critone è sconcertato e non riesce a comprendere le ragioni di questa scelta.

Socrate, allora, al fine di rendere più chiare e convincenti le motivazioni della sua posizione, immagina che le Leggi di Atene, considerate fondamento della democrazia, entrino nella sua cella e gli chiedano conto della sua scelta di fuggire; gli fanno inoltre presente come con un tale atto metta in pericolo la stabilità dell’ordinamento della città e il rispetto dovuto alle sentenze dei tribunali, giuste o ingiuste che siano.

Alla obiezione che si tratta di una sentenza ingiusta, poiché Socrate veniva condannato pur non avendo commesso il fatto per il quale veniva condannato, le Leggi rispondono dimostrando che Socrate è figlio e servo loro e non può reagire contro di loro da pari a pari: a loro Socrate deve obbedienza assoluta.

Le leggi proseguono sostenendo che Socrate è loro debitore di tutto, dalla sua nascita alla sua formazione educativa, dal momento che sono le leggi a regolare il matrimonio tra coniugi e gli obblighi dei genitori nei confronti dei figli. Inoltre, le leggi hanno concesso a Socrate, come ad ogni altro cittadino, la libertà di spostarsi in un’altra città, con altre leggi, qualora l’ordinamento in vigore ad Atene non fosse stato di suo gradimento. Ma Socrate stesso durante il processo aveva rifiutato la pena prevista dell’esilio (auspicata invece dai suoi avversari politici) preferendo ad essa la morte.

Ma poi, quale sarebbe la sua vita da esule? Se andrà in città regolate da buone leggi, apparirà come un sovvertitore; se invece si recherà in comunità non ben regolate, dovrà uniformarsi a costumi infamanti, che lo umilieranno. Non sarebbe poi per lui un vantaggio portare con sé i figli, che meglio sarebbero allevati, anche in caso di sua morte, dagli amici ad Atene.

L’ultimo invito delle Leggi è dunque di non cedere alla tentazione di ricambiare con un’ingiustizia un’ingiustizia subita, per evitare che gli divengano ostili le grandi leggi dell’Ade. Non lo persuada dunque Critone a fare ciò che propone, più di quanto non possano loro.

Critone, vinto, si arrende: non ha più nulla da contrapporre. Le ultime parole di Socrate sono la serena accettazione di un destino che coincide con la volontà divina.

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