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Henri Bergson – pensiero e opere, riassunto

Henri Bergson, filosofo francese, nacque a Parigi il 18 ottobre 1859 e lì morì il 4 gennaio 1941. Nel 1927 fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura sia «per le sue ricche e feconde idee» sia «per la brillante abilità con cui ha saputo presentarle».

Saggio sui dati immediati della coscienza di Henri Bergson

Il suo primo scritto filosofico è Saggio sui dati immediati della coscienza (1889). Henri Bergson dà un nuova importanza alla coscienza, che appare in grado di comprendere la realtà, lì dove il positivismo vedeva solamente uno strumento per ordinare il quadro complessivo delle scienze o di proporre una sintesi unificatrice e generalizzatrice dei loro risultati.

Ciò pone Henri Bergson in posizione antipositivistica e lo inserisce nella corrente spiritualistica. Lo spiritualismo, partendo da interessi di carattere religioso e morale, insiste sui dati immediati della coscienza e sul primato della coscienza – intesa come divenire e libertà – sulla materia.

La filosofia di Henri Bergson è caratterizzata da una polarità, che si riscontra già nel dualismo tra scienza e filosofia, riflesso nella distinzione che egli opera tra tempo della scienza e tempo della vita.

Il tempo della scienza è un concetto bastardo, costituito da momenti che si differenziano tra di loro solo quantitativamente e risulta reversibile. In sintesi si definisce come astratto, esteriore e spazializzato e ha come simbolo una collana di perle, i cui elementi sono tutti uguali ma distinti tra loro.

Il tempo della vita è fatto da istanti che si diversificano tra loro anche qualitativamente, momenti irripetibili che si compenetrano e si sommano tra loro. È qualcosa di concreto e interiore e si identifica con la durata.
Il tempo della vita è paragonato da Bergson a un gomitolo di lana o ad una valanga che crescono continuamente su se stessi: tant’è vero che nel linguaggio comune si dice ad esempio che cinque minuti possono sembrare, talora, «una eternità» o che un’ora è «volata». Immagini che rendono bene il concetto di conservazione totale e creazione totale, che caratterizzano il tempo della coscienza: non si può cancellare il passato e ogni momento risulta nuovo rispetto ai precedenti.

Per un essere cosciente esistere significa mutare, mutare significa mutarsi, mutarsi significa creare indefinitamente se stessi.

Il tempo della vita coincide con il flusso autocreativo della coscienza.
Senza la coscienza non esiste né il tempo della vita né il tempo della scienza: è la coscienza che collega gli istanti simultaneamente; è la memoria che pone un prima e un poi. La scienza e la filosofia hanno, quindi, la stessa origine e nessuna delle due è sottomessa all’altra.

Nel momento in cui Bergson distingue il tempo della scienza dal tempo della vita, la coscienza diventa un flusso unitario costituito da elementi inscindibilmente intrecciati tra loro: non ha senso affermare che uno stato ne determina un altro. Perciò, nella vita della coscienza l’uomo risulta libero.

La libertà dell’uomo secondo Bergson trova la sua giustificazione nell’atto libero dell’Io, dove per atto libero si intende un’azione che esprime totalmente e profondamente la totalità dell’Io, ponendosi come espressione della personalità agente.

Tale derivazione dalla personalità agente, sottolinea Bergson, non è interpretabile e definibile come un rapporto causale, poiché nella vita della coscienza ogni atto contiene il successivo in termini di creatività e non in termini di determinismo. La libertà in sé non può essere spiegata: qualsiasi spiegazione andrebbe a riferirsi ad un fatto già compiuto e, quindi, determinato, cioè alle cose che sono nel tempo spazializzato, mentre la libertà si sviluppa nella durata e riguarda l’atto nel suo farsi. Così se scrutiamo nella profondità del nostro libero siamo liberi, mentre in superficie siamo determinati da un automatismo della coscienza.

Materia e Memoria di Henri Bergson

In Materia e Memoria (1896) Henri Bergson fornisce una spiegazione dei termini memoria, ricordo e percezione. La memoria è la coscienza stessa, che registra tutto ciò che accade, si identifica con il passato e ci segue, tutto intero, in ogni momento. Il ricordo è la materializzazione in un’immagine operata dal cervello degli eventi del passato necessari all’azione. Il filtro tramite cui sono selezionati gli avvenimenti utili all’azione è la percezione. Quella che noi comunemente chiamiamo memoria altro non è che il ricordo-immagine, mentre la memoria e, quindi, la maggior parte del passato, rimane al di sotto o al di là della coscienza.

Evoluzione creatrice di Henri Bergson

Ne l’Evoluzione creatrice (1907) Bergson propone la sua teoria evoluzionistica.
La vita è creazione e imprevedibilità e allo stesso tempo conservazione del passato. Tale è la vita nell’individuo e nella natura. Ma mentre l’uomo è costretto a scegliere e a vivere una sola vita, la natura non segue una linea evoluzionistica unica e semplice, ma, ad ogni possibile biforcazione, crea serie divergenti di specie che si evolvono separatamente. E’ paragonata, infatti, da Bergson a un fascio di steli. Nonostante le biforcazioni, noi riconosciamo la natura come unica, l’unità che precede la biforcazione, una forza alla quale la natura deve la sua vita. Lo “slancio vitale” (élan vital) è la coscienza stessa, intesa come durata, cioè come una sorta di grande corrente che penetra nella materia e tende a dominarla.

La prima biforcazione fondamentale dello slancio vitale è quella tra piante ed animali. I vegetali fabbricano da sé il materiale necessario al nutrimento, mentre gli animali hanno la capacità di spostarsi e di acquisire una coscienza sempre più sveglia. Gli animali a loro volta si dividono in artropodi e vertebrati, echinodermi e molluschi. Gli artropodi raggiungono il punto culminante negli insetti, mentre i vertebrati nell’uomo.

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