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Caronte Divina Commedia descrizione e parafrasi

Cosa ci fa Caronte nella Divina Commedia? Ebbene sì, incontriamo Caronte nel canto 3 dell’Inferno della Divina Commedia. Scopriamo quale ruolo svolge Caronte nel terzo canto dell’Inferno e quale descrizione ne fa Dante nella Divina Commedia.

Chi è Caronte per Dante?

Caronte Dante ce lo presenta nel canto 3 dell’Inferno come un demonio dall’aspetto spaventoso, con la barba e i capelli bianchi e con gli occhi rossi come il fuoco. Traghetta i peccatori da una riva all’altra del fiume Acheronte, il primo dei fiumi infernali.

Per il personaggio Caronte Dante si ispira alla tradizione classica. Anche nella mitologia greca, infatti, Caronte era il traghettatore dei morti. Per attraversare l’Acheronte le anime gli pagavano un obolo, cioè una piccola moneta che i parenti mettevano sotto la lingua del defunto, ed egli traghettava i dannati al Tartaro e i beati ai Campi Elisi. Anche nell’Eneide di Virgilio svolge la funzione di traghettatore infernale.

Caronte Divina Commedia descrizione

Dante accompagnato da Virgilio, è giunto sulla sponda del fiume Acheronte. Qui vede un vecchio che si avvicina su una nave e inveisce e minaccia le anime dei morti radunati sulla riva. È Caronte, un demonio che ha il compito di traghettarle all’Inferno.

Caronte s’accorge che Dante è vivo e gli ordina di allontanarsi. Ma Virgilio gli dice che, per volere divino, Dante può entrare nell’Inferno.

Le anime piangono e bestemmiano. Poi mentre salgono sulla nave, Caronte le percuote con il remo. E mentre l’imbarcazione si allontana, un’altra folta schiera di dannati si raduna sulla spiaggia.

Caronte Divina Commedia Parafrasi dal v. 82 al v. 120 terzo canto Inferno

Ed ecco venir verso di noi, su una barca, un vecchio con una barba e i capelli (pelo) bianchi, che gridava: «Guai a voi, anime malvagie (anime prave)! Non sperate di vedere mai il cielo: io vengo per portarvi all’altra riva dell’Acheronte, nelle tenebre eterne, nel fuoco e nel ghiaccio. E tu che sei lì, persona ancora viva (si rivolge a Dante) allontanati da questi che sono morti». Ma dopo che ebbe visto che io non mi allontanavo disse: «Per altra via, per altri porti tu giungerai alla spiaggia (quella del Purgatorio) per passare nell’oltretomba: bisogna (convien) che ti trasporti un’imbarcazione più leggera (più lieve legno)».

E la mia guida (duca: dal latino dux, guida) gli rispose: «Caronte, non lasciarti trascinare dall’ira: si è deciso così là nel cielo dove si può fare ciò che si vuole (vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole), e non chiedere altro (e più non dimandare).

Di qui in poi (quinci) rimasero immobili (quete) le gote coperte di barba (lanose) del traghettatore di quella nera palude, che intorno agli occhi aveva due cerchi (rote) di fiamme.

Ma quelle anime stanche e nude non appena (ratto che) udirono le parole tremende di Caronte, impallidirono e incominciarono a battere i denti: bestemmiavano Dio e i loro genitori (parenti), tutta la specie umana, il luogo e il momento in cui erano nati, i padri dei loro padri (il seme di lor semenza) e i propri padri (il seme di lor nascimenti).

Poi si raccolsero tutte insieme, piangendo disperatamente, sulla riva dell’Acheronte, quella riva che attende tutti gli uomini che non temono Dio. Il demonio Caronte, con occhi di fuoco, fa loro dei cenni e li raduna tutti; batte col remo quelli che indugiano.

Come d’autunno si staccano (si levan) dall’albero le foglie, l’una dopo l’altra, finché il ramo non le vede tutte per terra, allo stesso modo le anime dei dannati (il mal seme d’Adamo) si gettano ad una ad una dalla riva (lito) sulla barca, ubbidendo ai cenni di Caronte, come uccelli che accorrono al richiamo del cacciatore.

Così le anime se ne vanno per l’acqua scura e prima che siano approdate all’altra riva, di qua si raduna (s’auna) una nuova schiera.

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