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Le Madri di Plaza de Mayo, Argentina

Le Madri di Plaza de Mayo: l’antefatto – Il 24 marzo 1976 un colpo di stato, capeggiato dal generale Jorge Rafael Videla, destituì il governo di Isabel Martinez de Perón, succeduta al marito, il popolarissimo Juan Domingo Perón. Fu l’inizio di una sanguinosa dittatura.

Le Madri di Plaza de Mayo: la repressione e i desaparecidos

La giunta militare sciolse il parlamento, abolì sindacati e partiti e ogni forma di libertà; il suo obiettivo: l’eliminazione fisica di tutti i possibili dissidenti. Perciò, ossessionata nella ricerca di qualunque opposizione, imprigionò indistintamente operai, professori, medici, sacerdoti, militanti di organizzazioni studentesche, politiche o sindacali, ma anche persone del tutto inoffensive e persino bambini, usati come merce di scambio o di ricatto.

La strategia del terrore aveva agghiaccianti modalità di esecuzione: squadre di militari in borghese arrivavano con una Ford Falcon senza targa, prelevavano i dissidenti o i presunti tali, talvolta anche le loro famiglie, piombando nelle case in piena notte o sui posti di lavoro di giorno. Una volta trasferiti in luoghi segreti di detenzione, i prigionieri venivano sottoposti a trattamenti disumani e a torture che potevano protrarsi per mesi. Il sistema più diffuso era infliggere scariche elettriche nelle parti del corpo più sensibili (genitali, gengive, occhi); a queste tremende sedute presenziava spesso un medico, per evitare che il prigioniero morisse prima di parlare. Frequente era il ricorso a torture di tipo psicologico, come far assistere alle sevizie di un proprio familiare o inscenare finte esecuzioni.

Per la maggior parte dei sequestrati l’esito finale era la scomparsa nel nulla: morti sotto tortura o per mancanza di assistenza o assassinati, venivano sepolti in fosse comuni, bruciati o mutilati per evitarne il riconoscimento; le stesse fonti militari hanno rivelato di centinaia di prigionieri imbarcati su aerei militari e lanciati ancora vivi nell’oceano.
Le cifre delle vittime della dittatura tra il 1976 e il 1983 sono eloquenti: 30.000 desaparecidos (in spagnolo «scomparsi»), 340 centri di detenzione, 15.000 fucilati per le strade, 9.000 prigionieri politici, un milione di esiliati.

Le Madri di Plaza de Mayo: chi sono

La strategia del terrore, messa in atto facendo scomparire misteriosamente migliaia di cittadini, lasciò ferite indelebili: si torturarono e si uccisero i desaparecidos, ma si torturarono anche le loro famiglie che auspicavano almeno di poter seppellire i loro resti.

Le madri – che oltre a questo profondo dolore dovevano sopportare anche l’emarginazione di quanti, terrorizzati dal clima di sospetto, fingevano di ignorare la realtà – ebbero il coraggio di trasformare un’esperienza personale insopportabile in un dramma collettivo.

Il 30 aprile 1977 le madri manifestarono in Plaza de Mayo a Buenos Aires di fronte alla sede del governo e continuarono a farlo tutti i giovedì; portavano sul capo un foulard bianco e recavano con sé le fotografie dei familiari desaparecidos. I tentativi del regime di reprimere queste manifestazioni, quale l’assassinio della fondatrice del movimento, Azucena Villaflor, sequestrata e gettata da un aereo nell’oceano, furono vani.

Quando nel 1978 l’Argentina ospitò i campionati mondiali di calcio, le madri si incatenarono alle colonne di Plaza de Mayo e finalmente il caso dei desaparecidos divenne noto al mondo intero.

Diventate il simbolo di una protesta silenziosa e tenace, le madri di Plaza de Mayo si ritrovano ancora al consueto appuntamento e assieme alle numerose associazioni di familiari dei desaparecidos si adoperano, nel paese e all’estero, per mantenere vivo il ricordo delle aberrazioni della dittatura, senza smettere mai di cercare le tracce dei figli e mariti portati via dalla dittatura.

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