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Dittatura: dall’antica Roma a oggi

Dittatura: significato, cenni storici, classificazione delle dittature.

Dittatura: significato

Tutte le dittature nascono da una situazione di crisi grave, quando sono presenti in maniera contraddittoria ceti emergenti e spinte alla modernizzazione, resistenze di ambienti tradizionali, pressioni popolari, marginalizzazione di classi medie e di intellettuali.

Nel linguaggio comune il termine dittatura allude a un regime politico opposto alla democrazia, caratterizzato dalla concentrazione del potere, dal non rispetto delle libertà fondamentali dei cittadini, dalla mancanza di legittimazione o consenso e dal ricorso sistematico alla violenza.

Questa accezione, per quanto molto generica, può essere accolta purché accompagnata da una serie di precisazioni, qui di seguito esposte.

Dittatura: cenni storici

Anche se il termine dittatura coincide con quello utilizzato per indicare un istituto della Roma repubblicana, il significato moderno di dittatura non ha niente a che fare con quello antico.

A Roma la dittatura era una magistratura prevista e definita dalla legge; a essa si ricorreva in situazioni di emergenza e per periodi brevi (non più di sei mesi): ricordiamo, per esempio, la dittatura di Quinto Fabio Massimo durante la seconda guerra punica. Il prinicpio collegiale veniva sospeso e il dittatore concentrava in sé il potere dei due consoli; ma le magistrature ordinarie riprendevano le loro funzioni alla fine del periodo stabilito.

L’istituto della dittattura decadde dopo il III secolo a.C.; la sua ripresa nel periodo di Silla e di Cesare ne cambiò il significato, perché venne assegnata a tempo indeterminato e furono gli “uomini forti” del momento che decisero di assumerla, senza che, di fatto, nessuno potesse opporsi.

Le trasformazioni di questa antica magistratura riflettono la nuova fase storica della repubblica romana, una fase di profonda crisi, nella quale i tradizionali equilibri istituzionali non funzionano più.

L’accezione negativa di dittatura è nata con la Rivoluzione francese, alla fine del XVIII secolo: il Terrore instaurato da Robespierre fu chiamato “Dittatura” con riferimento a un regime politico tirannico.

Le dittature del Novecento – come quelle di Mussolini, Hitler e Stalin – hanno invece dato luogo a sistemi di governo stabili, costruiti su forti apparati burocratici e sull’autoritarismo poliziesco.

Dittatura: classificazione

Le moderne dittature possono essere classificate in molti modi. Innanzitutto possono essere classificate in base all’intensità, ovvero a seconda del grado di funzionamento degli apparati della coercizione. Si distinge così tra:

  • dittatura semplice: si avvale dei tipici strumenti di coercizione (esercito, polizia, burocrazia, magistratura);
  • dittatura cesarista: il termine deriva dalla dittatura di Cesare nell’antica Roma. Agli strumenti di coercizione si aggiunge l’appoggio, il consenso delle masse;
  • dittatura totalitaria o totalitarismo: incoraggia la partecipazione delle masse; attua un’invadenza totale nel sociale e nel privato delle persone per eliminare ogni influenza estranea; effettua un condizionalmento psicologico e ideologico che può giungere anche alla distruzione della personalità. Ne parliamo in dettaglio qui: Totalitarismo: definizione, ragioni, caratteri.

Altro criterio è quello in base al fine; si distingue allora tra:

  • dittatura rivoluzionaria;
  • dittatura conservatrice, che ha all’opposto come obiettivo il mantenimento dello stato di cose esistente o il ritorno a una situazione precedente.

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