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Purgatorio Canto 1. Riassunto e commento

Purgatorio Canto 1 della Divina Commedia di Dante. Riassunto e commento

Eccoci al primo canto del Purgatorio: Dante e Virgilio sono usciti dall’Inferno percorrendo un cunicolo e sono sbucati dall’altra parte della Terra, sulla spiaggia del monte Purgatorio.

Prima di riprendere il suo racconto, Dante deve obbedire alle regole del poema classico antico e quindi presenta l’argomento di questa seconda cantica, annunciando che l’argomento sarà il Purgatorio, il regno che permette all’uomo di purgarsi (cioè di purificarsi) e diventare degno di salire al cielo; poi passa a invocare le Muse perché lo ispirino nella narrazione di ciò che vedrà nel Purgatorio.

Purgatorio canto 1: invocazione alle Muse (vv. 1-12)

In particolare, Dante si rivolge a Calliope, la musa della poesia epica e la massima fra le Muse; le chiede di accompagnarlo con lo stesso canto con cui vinse le Pièridi, cioè le nove figlie di Pierio, re della Macedonia.

Dante, seguendo il mito narrato da Ovidio nel canto V delle Metamorfosi, vuole qui alludere a quando le Pièridi sfidarono le Muse in una gara di canto e Calliope, a nome di tutte le Muse, gareggiò con esse e le sconfisse. Per castigo le Pièridi furono trasformate in piche, cioè in gazze, uccelli dalla voce stridula e monotona.

Purgatorio Canto 1: Il cielo dell’emisfero antartico (vv. 13-27)

Dopo il proemio, il canto 1 del Purgatorio prosegue con la descrizione dell’alba di un nuovo giorno. L’alba è l’allegoria della luce della Grazia di Dio, che abbraccia le anime dei penitenti salve dalla dannazione eterna ed è simbolo della speranza recuperata dopo le tenebre infernali.

Ora, segue la descrizione del cielo e delle quattro stelle – Il cielo (scrive Dante) ha l’azzurro colore dello zaffiro, così dolce a vedersi, dopo le tenebre dell’Inferno. Brillano quattro stelle che nessuno ha mai visto, eccetto i progenitori (Adamo ed Eva) nel Paradiso terrestre. Dante compiange allora la Terra, dove gli uomini sono privi di tale visione.

Le quattro stelle stanno a significare le quattro virtù cardinali (giustizia, fortezza, temperanza, prudenza) possedute dall’umanità prima del peccato originale e poi perdute.

Purgatorio Canto 1: l’incontro con Catone Uticense (vv. 28-111)

Volgendo il capo verso il polo opposto, Dante scorge un vecchio dall’aspetto severo (è Catone Uticense). Catone Uticense è presentato con una lunga barba brizzolata così come i suoi capelli, dei quali ricadono sul petto due ciocche (Catone ha quindi l’aspetto tradizionalmente attribuito ai saggi). La luce delle lontane stelle brilla sul suo volto severo, come se fosse il sole a illuminarlo (allegoricamente significa che Catone possiede le quattro virtù cardinali che gli conferiscono una luce di moralità, tanto che sembra illuminato da Dio stesso; insomma, Catone, sebbene pagano, è moralmente perfetto, come lo sarebbe se fosse cristiano, perciò è stato scelto come custode del Purgatorio).

Il vecchio Catone Uticense, dall’aspetto inflessibile, chiede ai due poeti chi essi siano, chi li abbia guidati fin lì, si chiede se essi siano sfuggiti alle pene dell’Inferno, se le leggi di Dio siano state infrante.

Virgilio afferra Dante e lo induce a inginnocchiarsi e abbassare lo sguardo in segno di rispetto. Poi, risponde subito all’ultima domanda: le leggi di Dio non sono state infrante, anzi il loro viaggio è consentito da Dio per intercessione di un’anima beata (Beatrice).

Virgilio dichiara che Dante non è morto, ma per il suo peccato è stato così vicino alla morte spirituale (cioè alla dannazione eterna) che è mancato poco perché venisse dannato.

Così – prosegue Virgilio – egli è stato incaricato di salvarlo e non c’era altra strada da percorrere se non quella. Gli ha mostrato tutti i dannati, e ora intende mostrargli quegli spiriti che si purificano sotto la custodia di Catone.

Virgilio sottolinea che il viaggio di Dante è voluto e illuminato da Dio. Dante si trova lì perché è in cerca della «libertà» (qui s’intende la libertà dal peccato) tanto preziosa e Catone deve saperlo bene visto che proprio per la libertà egli ha rinunciato alla vita.

Virgilio ribadisce che le leggi di Dio non sono state infrante, perché né lui né Dante sono dannati: infatti Dante è ancora vivo, mentre lui proviene dal Limbo dove si trova anche Marzia, la moglie di Catone. Quindi, in nome dell’amore che li legò, Virgilio chiede a Catone di consentire loro di procedere.

Catone risponde che come tutti gli eletti anche egli non è più sensibile alla sorte di chi è escluso dalla Grazia: Marzia gli piacque quando era sulla Terra, ma ora non lo può più commuovere (Catone si conferma così giudice impassibile, superiore ai suoi stessi affetti terreni). Tuttavia – prosegue Catone – poiché Virgilio afferma di essere guidato da un’anima del Paradiso (Beatrice), è sufficiente invocare quest’ultima e non c’è bisogno di ulteriori lusinghe.

Catone invita dunque i due poeti a proseguire, ma ordina a Virgilio di andare sulla spiaggia più bassa dell’isola del Purgatorio dove cingerà i fianchi di Dante con una fronda di giunco e gli laverà il volto per togliergli il sudiciume dell’Inferno (per ripulirlo così di ogni macchia di peccato), affinché Dante possa presentarsi degnamente davanti al primo angelo del Purgatorio, come verrà narrato nel canto successivo.

Infine, Catone ammonisce Dante e Virgilio a non tornare indietro, dopo aver compiuto i due riti, ma devono seguire il corso del sole (perché l’anima, illuminata dalla Grazia, deve procedere verso la salvezza).

Detto questo Catone scompare. Dante si rialza e senza parlare si accosta a Virgilio.

Purgatorio Canto 1: Rito di umiltà e di purificazione (vv. 112-136)

Dante e Virgilio riprendono quindi il cammino. È l’alba e Dante scorge da lontano lo scintillare indistinto del mare. Giungono sulla spiaggia deserta e più in là Virgilio pone le mani sull’erba bagnata dalla rugiada: pulisce con essa il viso di Dante dalla fuliggine di cui si è coperto all’Inferno; quindi lo cinge con un giunco che ricresce miracolosamente, là dove Virgilio lo aveva strappato (questa scena è un’allegoria: ogni atto di umiltà ne genera un altro. Il giunco è simbolo di umiltà; l’umiltà consente un perfetto adeguamento al volere di Dio e rende possibile la liberazione dal male).

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