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Mattina di Ungaretti parafrasi, analisi e commento

Mattina Ungaretti l’ha scritta il 26 gennaio 1917. Si compone di due soli versi: M’illumino d’immenso. È la più breve poesia di Ungaretti.

Mattina Ungaretti testo

M’illumino
d’immenso

Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

Mattina Ungaretti parafrasi

Che cosa significa M’illumino d’immenso?

Mi identifico con la luce del Sole appena sorto e percepisco attraverso essa l’immensità dell’universo.

Mattina Ungaretti analisi

In quale raccolta è contenuta la poesia Mattina?

Mattina – Mi illumino di immenso – comparve per la prima volta in un’antologia collettiva del 1918 (Antologia della Diana), con il titolo Cielo e Mare.

Con il titolo definitivo Mattina è inclusa in Allegria di Naufragi (1919) e poi nella sezione Naufragi de L’Allegria.

La primissima stesura era contenuta in una cartolina inviata dal fronte dal poeta e soldato Giuseppe Ungaretti all’amico Giovanni Papini (1881-1956):

M’illumino
d’immenso
con un breve
moto di sguardi

Mattina – Mi illumino d’immenso – è uno dei componimenti più rappresentativi della poetica ermetica. La sintassi è ridotta al minimo; eliminata del tutto la punteggiatura.

Due ternari, il primo dei quali, sdrucciolo, è composto di quattro sillabe. Quattro parole di cui due monosillabi, che, compenetrandosi con il termine che segue attraverso l’apostrofo, danno luogo a due sole emissioni di voci.

Mattina Ungaretti commento

Giuseppe Ungaretti consegna a pochi versi, scabri ed essenziali, la voce disperata di un uomo che scopre di essere solo di fronte a una realtà crudele, su cui domina l’immagine della morte.

Tuttavia, quando il suo animo, per un breve attimo, si ritrova immerso nella luminosa bellezza dell’Universo, sentendosi parte di esso, in armonia con esso, la gioia che ne deriva, seppur rapida e sfuggente, è incomparabile.

Il tema dell'”immenso” non è nuovo nella letteratura italiana. Pensiamo soprattutto a Giacomo Leopardi, che nella poesia Infinito, allo stesso modo, ci parla di immensità («Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio»).

Dunque la creatura umana, pur con tutta la sua insufficienza e fragilità, è in grado di cogliere, con una grandezza inconsueta, tutta l’immensità del creato, di cui si sente parte.

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