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San Francesco d’Assisi: le prime rappresentazioni nell’Arte

San Francesco d’Assisi già subito dopo la morte (1226) e la canonizzazione (1228) risulta il santo più rappresentato del Duecento, secondo solo al Cristo e alla Madonna.

Uno dei primi esempi di rappresentazione pittorica di San Francesco d’Assisi risale già al 1235: si tratta della tavola del pittore Bonaventura Berlinghieri.

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La tavola di Bonaventura Berlinghieri (1235), conservata nella chiesa di san Francesco a Pescia

La tavola di Bonaventura Berlinghieri nella chiesa di san Francesco a Pescia – descrizione

San Francesco di Assisi è in piedi; ha il cappuccio della veste sul capo e la tonsura dei capelli bene in vista. Nella mano destra reca un libro chiuso, mentre la sinistra è aperta sul petto in un gesto che indica la partecipazione al messaggio evangelico; piedi e mani recano le stimmate, mentre le storie laterali illustrano i momenti essenziali della sua biografia.

Questa tavola combina insieme due tipi di immagine mai prima di allora rappresentate nello stesso spazio pittorico. Da un lato infatti abbiamo l’immagine grave e solenne di san Francesco, posto in posizione frontale su un fondo dorato, che ricorda le icone sacre bizantine e che rievoca la presenza del santo e la sua appartenenza alla dimensione eterna; dall’altro, sulle fasce laterali della tavola, le storie della vita hanno carattere puramente narrativo.

Prima di questo esempio le storie erano sempre illustrate al di fuori della tavola, in pannelli separati. Berlinghieri, dunque, voleva fondere insieme l’aspetto più propriamente sacro e quello più storico e narrativo, cogliendo in questo la specificità del messaggio francescano.

San Francesco nella Basilica Inferiore d’Assisi

Nel 1228, a soli due anni dalla morte di san Francesco, ad Assisi è posta la prima pietra per la costruzione della basilica dedicata al santo appena canonizzato. L’opera sorgeva per volontà della Curia e dei frati che reggevano l’Ordine. Fu lo stesso papa Gregorio IX a benedire la prima pietra dell’edificio. La concentrazione di risorse fu impressionante e Assisi divenne in breve uno dei principali centri artistici d’Europa.

Nella Basilica Inferiore il cosiddetto Maestro di San Francesco realizzò un primo ciclo di affreschi (1260-1266 ca.) dedicati alla vita del santo.

Sulla parete di fronte a quella dove è stato dipinto tale ciclo si trovano scene della Passione di Cristo. L’intento era quello di suggerire l’identificazione tra san Francesco e Gesù. Purtroppo gli affreschi risultano oggi ampiamente danneggiati.

Anche il più celebre pittore di quegli anni, il fiorentino Cimabue, lavorò al cantiere di Assisi, realizzando alcuni importanti affreschi nella Basilica Inferiore (1288-1292). Proprio nell’affresco che ritrae la Vergine in trono con gli angeli (Maestà di Assisi) è presente anche un ritratto di san Francesco.

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Cimabue, Maestà di Assisi, 1278-80, Basilica Inferiore, Assisi

Posto in piedi accanto al trono, san Francesco appare con un libro chiuso in mano e la ferita al costato bene in vista.

Giotto dipinge San Francesco nella Basilica Superiore d’Assisi

Alla decorazione della Basilica Superiore lavorò Giotto, anche se alcuni storici dell’arte hanno messo in discussione questa attribuzione.

Giotto realizzò il ciclo delle Storie sulla vita di san Francesco (1296-1304) secondo un programma stabilito con precisione dai committenti. Esso si basa sulla Legenda maior (Leggenda maggiore) di Bonaventura, che nel frattempo era diventata la biografia ufficiale del santo.

Con l’opera di Giotto è fissata definitivamente l’iconografia fondata sull’identificazione tra san Francesco e Cristo. La scena delle stimmate è in questo senso molto chiara.

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Giotto, san Francesco riceve le stimmate, 1297-1300, Basilica Superiore di Assisi

Francesco, inginocchiato e con le braccia spalancate, riceve le ferite da un serafino che ha le sembianze di Cristo. In corrispondenza dei punti in cui Gesù aveva ricevuto le ferite – mani, piedi e costato – partono dei raggi che si congiungono ai piedi, alle mani e al costato di Francesco.

La disposizione delle figure nello spazio fa sì che sembri che san Francesco d’Assisi si specchi direttamente nel serafino-Cristo, in modo da creare un rapporto di perfetta identificazione.

All’interno del ciclo, questa scena precede quella della morte del santo. In tal modo è ulteriormente sottolineata la corrispondenza con la passione e la morte in croce di Gesù.

Il ciclo di Giotto dedica una scena anche alla rinuncia dei beni, in cui Francesco si spoglia restituendo al padre le proprie vesti. Egli è immediatamente accolto e abbracciato dal vescovo di Assisi. In questo modo, mentre rifiuta l’autorità paterna (uno dei cardini della società medievale), si pone però subito sotto la protezione delle gerarchie della Chiesa.

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La scena della rinuncia dei beni dipinta da Giotto (1297-1300). Basilica Superiore, Assisi

Raffigurare Francesco povero, in rotta col padre ma in accordo con il suo vescovo significava negare che il suo messaggio avesse un significato eretico o si prestasse a essere interpretato come una giusta rivolta dei miseri contro i poveri.

Allegoria della Povertà – Assisi, Basilica Inferiore

Poco più tardi un allievo di Giotto, il cosiddetto Maestro delle Vele, sulla volta dell’altare maggiore dipinse quattro allegorie di soggetto francescano: San Francesco in gloria, Allegoria dell’Obbedienza, Allegoria della Castità, Allegoria della Povertà.

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Maestro delle Vele, Allegoria della Povertà, 1322 circa. Assisi, Basilica Inferiore

In quest’ultima, Cristo celebra le nozze mistiche tra il santo e una donna, vestita di stracci e circondata di rovi, che rappresenta la Povertà. Una folla di angeli e beati assiste alla sacra unione, che avviene su un fondale dorato.

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