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Canto 30 Inferno: falsificatori di persone, di parola, di moneta

Il canto 30 dell’Inferno di Dante si svolge ancora nella decima e ultima bolgia dell’ottavo cerchio (Malebolge). Nel canto 29 (Inferno XXIX), Dante e Virgilio hanno incontrato gli alchimisti, cioè «i falsari di metalli», tra i quali Griffolino d’Arezzo e Capocchio; ora, in questo canto (Inferno XXX) sono descritti «i falsari di persona», cioè coloro che si sono sostituiti ad altri e come pena corrono in preda a smania furiosa, e addentano gli altri compagni di sventura; ci sono poi «i falsari di moneta», cioè quelli che hanno falsificato la moneta, che restano sempre immobili, colpiti dall’idropisia che li deforma, con il ventre ingigantito, di enormi proporzioni rispetto al resto del corpo; infine, «i falsari di parola», cioè i mentitori, arsi da febbre così alta, che il loro corpo emana vapore e ripugnante puzzo di unto bruciato.

Dante chi incontra nel canto 30 Inferno?

In Inferno canto 30 Dante incontra Gianni Schicchi, Mirra, maestro Adamo, la moglie di Putifarre, Sinone.

Canto 30 Inferno riassunto

Falsificatori di persone: Gianni Schicchi e Mirra vv. 1-45

Il canto si apre con la rievocazione di due episodi mitologici come esempio di furore. Il primo episodio mitologico riguarda la dea Giunone, che, adirata per l’adulterio di Giove con la tebana Semele, si vendicò terribilmente per due volte: prima incenerì Semele; poi fece impazzire Atamante, al punto che egli, credendo di vedere nella moglie e nei suoi due figli una leonessa con dei leoncini, ne causò la morte. Il secondo esempio mitologico, riguarda Ecuba, regina di Troia. Questa, dopo la morte del re Priamo e il crollo del regno, venne fatta prigioniera, e quando vide morire gli ultimi suoi due figli, Polissena e Polidoro, impazzì per il dolore.

Ma né la furia di Atamante né quella di Ecuba furono crudeli quanto quella dei due dannati che, in preda a una furia bestiale, simili a maiali che si lanciano fuori dal porcile, si avventano sugli altri dannati, mordendoli ferocemente. Si tratta di due falsificatori di persona: Gianni Schicchi e Mirra. Gianni Schicchi finse di essere il fiorentino Buoso Donati, che era in punto di morte, e fece testamento al suo posto, assegnando per sé una cavalla. Mirra, personaggio mitologico, figlia del re di Cipro Cinira, s’innamorò del padre e finse di essere un’altra donna per diventarne l’amante.

Falsificatori di moneta: Maestro Adamo vv. 46-90

Subito dopo, Dante e Virgilio incontrano il maestro Adamo, affetto, come gli altri falsari di monete presenti nella bolgia, da una grave idropisia; essa consiste in una eccessiva ritenzione di liquidi che fa gonfiare il ventre e deformare il corpo. Racconta di trovarsi lì perché falsificò il fiorino di Firenze su istigazione dei conti Guidi di Romena. Sa anche che una delle anime dei fratelli Guidi è già tra i dannati della bolgia, ma l’idropisia lo blocca e non gli permette di andare a cercarla per trarne soddisfazione.

Falsificatori di parola: la moglie di Putifarre e Sinone vv. 91-129

Dante chiede al maestro Adamo chi siano le due anime, arse dalla febbre tanto che fumano per il sudore, che giacciono alla sua destra. Sono due falsari di parola: la moglie del faraone Putifarre, che incolpò ingiustamente Giuseppe, figlio del patriarca Giacobbe, di aver cercato di violentarla (l’episodio è narrato nel libro della Genesi, 39, 6-2); Sinone, personaggio dell’Eneide di Virgilio, che convinse i Troiani ad aprire le porte della città per farvi entrare il cavallo di legno che conteneva i soldati greci.

Sentendosi nominare con disprezzo, Sinone colpisce con un pugno al ventre maestro Adamo, che gli risponde colpendolo al volto: così tra i due scoppia una lite furiosa.

Virgilio rimprovera Dante vv. 130-148

Virgilio sgrida bruscamente Dante, rimasto ad ascoltare il battibecco tra i due dannati; Dante si vergogna tanto da non riuscire a trovare le parole adatte per scusarsi, ma Virgilio lo rassicura e condanna la lite tra i due dannati perché frutto di bassezza morale.

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