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Incendio di Roma, 18 luglio 64 d.C.

L’incendio di Roma del 18 luglio 64 d.C. cominciò a divampare nella zona del Circo Massimo. Si propagò in fretta per tutta la città anche a causa del caldo clima estivo e di un forte vento; imperversò per 9 giorni. Le vittime furono migliaia e numerosissimi gli edifici che andarono perduti per sempre.

L’imperatore Nerone, che si trovava ad Anzio, rientrò subito in città e si prodigò nei soccorsi: aprì i giardini della propria abitazione a chi aveva perso la casa; fece arrivare provviste e generi di prima necessità per la popolazione; coordinò le operazioni di spegnimento dell’incendio.

Nulla nel suo comportamento di quei giorni lascia intendere, come fu poi insinuato, che fosse stato lui a far appiccare le fiamme per “liberare” la vasta area edificabile sulla quale sorse in seguito la Domus Aurea.

Il primo storico a parlare di una presunta responsanbilità di Nerone nell’incendio di Roma fu Tacito (50-120 d.C.) che però scrisse 50 anni dopo l’incendio e riportò tali accuse come voci che giravano, non come fatti provati.

Riferisce lo storico Tacito che Nerone, per liberarsi dell’accusa di aver lui stesso provocato l’incendio di Roma al fine di poter ricostruire più bella la città e fare spazio al suo grande palazzo, la Domus Aurea, gettò la colpa sui cristiani.

Del resto i Romani mal tolleravano i cristiani. Quella dei cristiani era una comunità di seguaci di un culto che allora era considerato strano e misterioso. Il loro modo di vivere, così appartato e diverso, sembrava fatto apposta per suscitare la diffidenza del popolo e accreditare i peggiori sospetti.

E così, sotto il regno di Nerone, si svolse la prima persecuzione contro i cristiani, durante la quale morirono anche Pietro e Paolo.

Tacito riferisce che Nerone trasformò in spettacolo gli atroci supplizi dei cristiani: «Rivestiti con pelli di animali feroci, venivano dati in pasto ai cani oppure crocefissi, o arsi vivi come torce per illuminare le vie dopo il tramonto. Nerone aveva messo a disposizione i suoi giardini per questo spettacolo».

Più tardi gli storici cristiani, che non perdonavano a Nerone le persecuzioni contro la loro comunità, diedero peso alle calunnie e crearono la leggenda nera dell’imperatore pazzo che, mentre Roma brucia, declama versi suonando la cetra.

 

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