I liberti nell’antica Roma erano gli schiavi liberati dal padrone attraverso una procedura giuridica chiamata manomissione (manumissio). Il liberto veniva liberato dal padrone come ricompensa per la sua fedeltà e per i servizi prestati.

Come si diventava liberto?

Esistevano tre sistemi di manumissio, cioè di liberazione:
– con la manumissio per vindictam un cittadino romano si accordava con il padrone dello schiavo da liberare, quindi ne contestava il diritto di proprietà dinanzi a un magistrato e, dopo essersi fatto assegnare lo schiavo, gli poneva sul capo un bastoncino (vindicta) dichiarandolo libero e lasciandolo andare dalla sua mano;
– con la manumissio censu il dominus faceva iscrivere lo schiavo nelle liste dei cittadini in occasione del censimento, dichiarandolo così libero;
– infine, con la manumissio testamento il padrone affrancava (cioè liberava) lo schiavo per disposizione testamentaria.

I liberti, cioè gli schiavi liberati, aggiungevano il praenomen e il nomen del loro ex padrone, conservando però il loro nome d’origine come cognonem.

Che differenza c’è tra liberi e liberti?

I liberti erano uomini liberi – diceva la legge – ma la forza e la natura del rapporto personale che essi erano obbligati a intrattenere col “patrono” (“patronus”, ex padrone) e le limitazioni  politiche loro imposte erano tali da ricordare perennemente la loro precedente condizione di schiavi.

Quali erano i diritti e i doveri del liberto romano?

Anzitutto i liberti non potevano citare in giudizio il loro ex padrone né nelle cause civili né in quelle penali. Erano poi tenuti a fornire annualmente al patrono un certo numero di giornate di lavoro.

Come i cittadini nati liberi (i Romani li indicavano col termine “ingenui”), i liberti potevano contrarre un matrimonio legittimo, ma avevano bisogno del consenso del loro padrone.
Come gli ingenui, i liberti potevano essere proprietari legittimi di qualsiasi bene (case, terre, greggi, schiavi ecc.); potevano vendere e comprare; potevano inoltre trasmettere in via ereditaria i loro beni ai figli, ma varie norme, nel tempo, imposero ai liberti di lasciare una parte del loro patrimonio al patrono o ai suoi discendenti.
Come gli ingenui, i liberti potevano votare nelle assemblee, ma non potevano accedere a cariche pubbliche.

I liberti quali lavori svolgevano?

Nel mondo del lavoro lo scenario cambiava: qui nulla li distingueva dagli ingenui. I liberti infatti potevano praticare qualsiasi attività: il piccolo commercio, l’artigianato e tutti i lavori salariati.

I più colti potevano diventare insegnanti, artisti, amministratori dei beni dei patroni (per esempio, diversi senatori, a cui era proibito svolgere attività di commercio, affidavano i propri affari a liberti di loro fiducia). C’erano quindi liberti poveri, benestanti, ricchi. Quelli ricchi tendevano a imitare lo stile di vita degli aristocratici, il loro gusto, le loro abitudini. Ma i notabili, senatori o cavalieri che fossero, non li ammettevano alla loro tavola, non li invitavano nei loro salotti, evitavano di farsi vedere in loro compagnia. Ci voleva almeno un minimo di “rispettabilità familiare”, un “passato decente”, dei genitori liberi: tutte cose che a un ex schiavo mancavano.

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