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Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1948

La Dichiarazione universale dei diritti umani fu approvata il 10 dicembre 1948 a Parigi dall’Assemblea Generale dell’ONU, con l’astensione dei Paesi legati all’Unione Sovietica, dell’Arabia Saudita e del Sudafrica.

La proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti umani (10 dicembre 1948) avvenne all’indomani della seconda guerra mondiale, che aveva visto le più degradanti violazioni della dignità umana.

È il primo e più noto di una serie di documenti redatti nell’ambito delle Nazioni Unite, che enunciano per la prima volta nella storia i diritti umani o ne ribadiscono alcuni.

Non bisogna pensare che la semplice enunciazione di tali diritti abbia avuto l’effetto di trasformare la vecchia mentalità e di generare il rispetto effettivo e la loro promozione da parte dei singoli, delle istituzioni e degli Stati.

In realtà quelle dichiarazioni rappresentano ancora solo un programma ambizioso, un punto di riferimento etico-politico da cui trarre ispirazione per la conquista, sia a livello privato sia pubblico, di un grado più alto di civiltà.

La situazione reale del nostro tempo è purtroppo ancora molto lontana dal modello tracciato con la Dichiarazione universale dei diritti umani. Se poi si considerano i diritti civili e politici, cifre impressionanti denunciano la gravità della presente condizione dell’umanità. Per lo più sono i Paesi poveri quelli dove si verificano le più gravi violazioni della libertà, ma anche i Paesi ricchi sono ben lontani da quel grado di rispetto dei diritti umani che ne farebbe a pieno titolo dei Pesi “civili”.

Dichiarazione universale dei diritti umani: precedenti storici

I precedenti storici della Dichiarazione universale dei diritti umani sono da ravvisare nel giusnaturalismo, nel pensiero politico liberale, democratico e socialista europeo (Locke, Montesquieu, Rousseau, Voltaire, Beccaria, Kant e Marx) e nella lenta conquista di diritti e libertà parziali in un processo durato secoli, con al centro tre rivoluzioni: quella inglese (la prima e la seconda); quella americana, culminata nella Dichiarazione di indipendenza, accompagnata dalla rivendicazione del diritto alla Vita, alla Libertà e alla ricerca della Felicità (1776); e quella francese, il cui emblema è la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789.

Dichiarazione universale dei diritti umani: gli articoli

La Dichiarazione universale dei diritti umani comprende 30 articoli. Dopo l’affermazione sull’uguaglianza di tutti gli uomini dell’art. 1, alla quale segue la precisazione che tale uguaglianza non ammette alcuna distinzione di razza, di colore, di sesso ecc. (art. 2), sono enunciati i diritti fondamentali «alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona» (art. 3).

Seguono i diritti civili, cioè quelli che riguardano la tutela della formazione umana nella sua globalità:

  • la protezione dalla schiavitù o servitù (art. 4) e dai trattamenti inumani (art. 5);
  • l’eguaglianza di fronte alla legge e il diritto di far ricorso contro atti che violino i diritti riconosciuti dalla Costituzione del proprio Paese (art. 8);
  • la protezione dall’arresto arbitrario e dall’esilio (art. 9 );
  • il diritto a tutte le garanzie in caso di processo, compresa la presunzione di innocenza finché non intervenga la prova legale della colpevolezza dell’imputato (articoli 10 e 11);
  • la protezione della vita privata dell’individuo da ogni interferenza arbitraria e da ogni offesa all’onore e alla reputazione (art.12);
  • il diritto alla libertà di movimento e di residenza, compresa la possibilità di uscire dal proprio Paese e di rientrarvi (art. 13);
  • il diritto di cercare e ottenere asilo in altri Paesi, per sfuggire alle persecuzioni (art. 14);
  • il diritto di avere una cittadinanza e di mutarla liberamente (art. 15);
  • quello di formare una famiglia senza obbedire a distinzioni di razza o religione, compreso il diritto alla tutela di essa (art. 16);
  • il diritto alla proprietà personale o in comune con altri, e alla tutela di essa (art. 17);
  • il diritto alla libertà di pensiero e di religione (art. 18);
  • quello alla libertà di opinione e di espressione, compreso quello all’informazione (art. 19);
  • il diritto alla libertà di riunione e di associazione (art. 20).

L’art. 21 enuncia i diritti politici, cioè quelli che consentono la libera partecipazione, sia diretta sia indiretta, al governo del proprio Paese mediante libere elezioni a suffragio universale.

Seguono a questo punto i diritti economici, sociali e culturali:

  • diritto alla sicurezza sociale, al lavoro, a un’equa retribuzione, alla protezione contro la disoccupazione e a fondare sindacati (artt. 22 e 23);
  • diritto al riposo e a ferie retribuite (art. 24);
  • diritto a un tenore di vita che garantisca la salute e il benessere dell’individuo e della sua famiglia;
  • diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità ecc.; alla difesa della maternità e dell’infanzia (art. 25);
  • diritto all’istruzione nei suoi vari gradi e tale che possa validamente concorrere al pieno sviluppo della personalità, al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo, alla promozione della comprensione, della tolleranza e dell’amicizia fra le Nazioni e al mantenimento della pace (art. 26);
  • diritto di partecipare liberamente alla vita culturale e diritto alla protezione degli interessi materiali e morali derivanti dalla produzione scientifica, letteraria e artistica di ciascuno.

È opportuno precisare che il testo della Dichiarazione universale dei diritti umani non è privo di ambiguità e di espressioni generiche. Infatti, come fa notare il giurista Antonio Cassese: «su molti punti importanti la Dichiarazione universale dei diritti umani si limita a rinviare alle leggi che ogni Stato emanerà per disciplinare la materia lasciata “scoperta” dal testo internazionale».

 

 

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