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John Locke, fondatore del liberalismo

John Locke nasce il 29 agosto 1632 a Wrington.
Trascorse la giovinezza in un periodo travagliato della storia inglese, segnato dalla prima rivoluzione inglese e dalla decapitazione di Carlo I nel 1649. Studia ad Oxford, il cui cancelliere John Owen era sostenitore di una politica di tolleranza, idea condivisa da John Locke.

Nel 1658 diventa Maestro delle Arti ed è chiamato a insegnare nella stessa Università di Oxford. È il periodo più importante per la sua formazione: la maggiore influenza è da lui esercitata dalle opere di Cartesio. Studia Hobbes e forse anche Gassendi. Nel 1666 inizia gli studi naturali e di medicina e, sebbene non abbia mai conseguito il titolo, è chiamato dagli amici dottor Locke. Si occupa di economia e di politica. A 35 anni entra nella politica militante, diventando segretario di Lord Ashley, che fu in seguito conte di Shaftesbury.

Quanto nel 1672 Lord Ashley è nominato Lord cancelliere, John Locke ha la possibilità di partecipare attivamente alla vita politica, nonostante la sua salute cagionevole. Tuttavia nel 1675 il conte entra in disgrazia e John Locke si reca in Francia, dedicandosi, nei quattro anni di soggiorno francese, alla stesura del Saggio.

Nel 1679 torna a Londra a seguito del conte di Shaftesbury, ritornato al potere. Quando però questi è accusato di tradimento ed è costretto a fuggire in Olanda per morire nel 1682, John Locke cade in sospetto.

Anche lui si reca allora in Olanda, nel 1683, e vi rimane per più di cinque anni. Qui prende parte alla spedizione del 1688 che porterà al trono di Inghilterra Guglielmo d’Orange e la moglie Maria, con la fuga del re Giacomo II.

Nel 1689 John Locke è a Londra, dove accresce la sua importanza, essendo individuato come il rappresentante intellettuale e il difensore filosofico del nuovo regime liberale.

Nel 1667 John Locke scrive il Saggio sulla tolleranza. Nel 1689 esce anonima la Lettera sulla tolleranza con cui afferma i ruoli e gli ambiti dello Stato – John Locke lo definisce come una società costituita per promuovere i beni civili – e della Chiesa – da John Locke definita come una società formata spontaneamente per onorare Dio e ottenere la salvezza– come distinti e autonomi.

Sempre anonimi nel 1690 pubblica i Due trattati sul governo e il Saggio sull’intelletto umano, di carattere gnoseologico e di straordinario successo.

Negli anni seguenti pubblicherà altri scritti di carattere filosofico. Fino al 1691 Locke soggiorna nell’Essex, nel castello di Oates sotto l’ospitalità di Sir Francis Masham. Qui è circondato dalle amorose cure di Lady Masham, figlia del filosofo Ralph Cudworth. Muore il 28 ottobre 1704.

John Lock, il fondatore del liberalismo

John Locke dà luogo alla prima organica teoria liberale dello Stato.

Locke definisce lo stato di natura come un contesto sociale regolato dal costume e da leggi divine, in cui sono riconosciuti i diritti naturali dell’uomo: il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà. In quanto naturali i diritti individuali sono inalienabili.

Essendo tutti eguali e indipendenti, nessuno deve danneggiare l’altro nella sua vita, nella sua salute, nella sua libertà e nella sua proprietà, afferma Locke.

Tale dottrina dei diritti naturali presuppone una concezione individualistica della società, secondo cui l’individuo viene prima dello Stato: lo Stato esiste in funzione dell’individuo. Uno dei fondamenti, questo, della teoria liberale.

Il diritto alla proprietà è fondato e giustificato dal lavoro: ogni individuo è padrone di se stesso, del proprio corpo e dei risultati del suo lavoro, di quella porzione di realtà che è modificata dal lavoro e a cui questo ha aggiunto utilità e un maggior valore.

Esistono dei limiti al diritto alla proprietà: ognuno deve lasciare agli altri quanto serve alla loro sopravvivenza, poiché tutti hanno diritto alla vita; nessuno deve acquisire quanto supera la sua capacità di consumo, perché nulla è stato creato da Dio per essere distrutto o sprecato; il diritto alla proprietà deve essere proporzionato alla propria capacità di lavoro, che è limitata.

Tuttavia il denaro rappresenta per John Locke un bene non deperibile e supera, perciò, quel limite al diritto alla proprietà. Il denaro ha di fatto permesso all’uomo la produzione illimitata, facendo diventare la produzione della maggiore quantità possibile di beni lo scopo principale della società.

Nello stato di natura, però, i diritti individuali non sono del tutto garantiti, essendo giudici delle violazioni i singoli individui. Lo stato civile diventa allora indispensabile per regolare l’uso della forza in difesa della comunità e dei diritti individuali, i cui depositari rimangono sempre gli individui, i quali demandano allo Stato solo il diritto di farsi giustizia.

Lo scopo dell’organizzazione statale per John Locke è, dunque, la protezione dell’individuo e lo Stato rimane responsabile di fronte alla comunità, perché vincolato dai diritti di natura di cui gli individui restano i portatori.

È essenziale, afferma John Locke, che il potere esecutivo e quello legislativo rimangano separati. Dichiara la superiorità del potere legislativo, che appartiene al Parlamento, sottolineando l’universalità delle leggi: le leggi devono valere per tutti in egual modo.

Anche il sistema fiscale per John Locke deve essere regolato dalla legge: non possono essere imposte tasse senza il consenso della popolo e dei suoi rappresentanti.

Il potere esecutivo spetta al governo, il quale detiene anche il potere federativo, in quanto rappresenta gli interessi della comunità nei confronti degli altri Stati.

John Locke riconosce, infine, il diritto popolare alla resistenza attiva: nel momento in cui il governo violi i diritti naturali dell’uomo e venga meno al suo compito, il popolo deve ribellarsi e costituire un nuovo governo.
Solo così il popolo riafferma la superiorità dei diritti di natura sul potere.

John Locke forniva in tal modo al popolo inglese la giustificazione alla loro rivoluzione contro gli Stuart.

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