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Tratta degli schiavi e commercio triangolare

La tratta degli schiavi africani è il commercio degli schiavi provenienti dal continente africano nato dopo la scoperta dell’America e la conquista delle colonie. La tratta degli schiavi africani ebbe come bacino di rifornimento l’Africa centro-occidentale (lo stesso al quale avevano attinto per secoli gli arabi).

Quando e perché iniziò la tratta degli schiavi?

La tratta degli schiavi nacque a partire dal XVI secolo (1500) quando gli indios, cioè le popolazioni locali, cominciarono a scarseggiare, falcidiati dalle epidemie “importate” dai colonizzatori e dalle insostenibili condizioni di lavoro. Divenne allora necessario agli europei colonizzatori importare dall’America del Sud manodopera a basso costo da impiegare nelle piantagioni (di zucchero, cotone, tabacco e caffé) o nelle miniere.

La schiavitù era giustificata da tutti

In Africa la schiavitù era un’istituzione consolidata, con salde radici nell’organizzazione sociale, dunque preesistente all’arrivo degli europei. Individui e gruppi potevano ritrovarsi in condizioni di schiavitù soprattutto in seguito a guerre tra Stati locali, villaggi o singoli clan; ma anche per rapimenti e razzie; punizione di reati; infrazioni gravi a regole del diritto consuetudinario; debiti.

La schiavitù, che era sempre esistita persino ai tempi dei civilissimi Greci e Romani, non era condannata dalla Chiesa. Avere sottratto il traffico ai mercanti arabi, secondo i “timorati” borghesi europei, portava semmai un vantaggio agli africani: ora essi erano in mano a “gente civile” che li avrebbe convertiti al cristianesimo e li avrebbe messo in contatto con una “civiltà superiore”.
I negrieri bianchi comunque non erano coinvolti di norma nella cattura diretta, ma si rifornivano presso i mercanti locali, che assecondavano la crescente domanda europea con un progressivo incremento dell’offerta.

Chi erano i negrieri bianchi?

I negrieri bianchi non erano fuorilegge o gentaglia ai margini della società, ma rispettabilissimi borghesi o membri di antiche famiglie nobili, accomunati dal fatto di essere molto ricchi. Una spedizione, infatti, poteva durare anche due anni e la cifra investita fruttava in tempi molto lunghi e comportava dei rischi: il 15-20% delle imprese non andava a buon fine.

Quali Paesi furono responsabili della tratta degli schiavi?

Se l’Africa forniva schiavi in abbondanza, sull’Europa ricadeva l’organizzazione del commercio atlantico e della tratta. Stati e porti diversi si alternarono sulla scena a seconda dei periodi. All’inizio i più attivi furono prevalentemente quelli della penisola iberica; ma nel corso del XVII secolo (1600) si assistette a una progressiva ascesa delle nazioni del Nord Europa.

I principali protagonisti della tratta diventarono allora i Paesi Bassi, la Gran Bretagna (con navi negriere in partenza dai porti di Liverpool, Bristol e Londra) e la Francia (lo scalo più attivo fu Nantes, seguito dai porti di Bordeaux, Le Havre e La Rochelle). Anche la Danimarca, proprietaria di piantagioni nelle Antille, prese parte alla tratta. Le loro rotte costituirono il cosiddetto commercio triangolare.

Perché si parla di commercio triangolare e quali erano le tre tappe?

Si parla di commercio triangolare perché il percorso delle navi negriere, diviso in tre tappe, ricalcava approssimativamente i contorni di un triangolo. Il percorso del commercio degli schiavi può essere schematicamente riassunto in tre tappe:

1. le navi lasciavano i porti dell’Europa alla volta dell’Africa con beni e mercanzie utili all’acquisto degli schiavi (armi, polvere da sparo, tessuti, perle, rum);
2. ultimato il carico di schiavi lungo le coste africane, le navi facevano rotta sulle coste americane, dove gli schiavi, venduti in cambio dei prodotti locali (zucchero, caffè, cotone, tabacco) finivano a lavorare nelle piantagioni, nelle miniere o nelle case dei padroni;
3. dall’America le navi salpavano alla volta dell’Europa, riportando i prodotti di piantagione (zucchero, caffè, cotone, tabacco), realizzando enormi guadagni.

I viaggi degli schiavi in condizioni disumane sulle navi negriere

Gli schiavi erano stipati sul ponte inferiore delle navi, in spazi alti tra gli 80 e i 120 centimetri.

I sorveglianti li spogliavano, li rasavano a zero perché non si coprissero di parassiti; li marchiavano a fuoco su una spalla; poi li incatenavano, li facevano sdraiare a terra e li incastravano l’uno accanto all’altro.

Due volte a settimana erano trascinati in coperta e lavati con secchiate d’acqua. Poi erano costretti a danzare perché i loro muscoli non si indebolissero.

Il pasto consisteva in una zuppa di riso e fave, accompagnata ogni tanto da rum allungato con l’acqua.

Erano tanti a morire durante il viaggio tra malattie come lo scorbuto e la dissenteria e spietate repressioni dopo le rivolte.

Arrivati in America, li aspettavano i mercati degli schiavi. Qui erano venduti per la seconda volta come bestie; poi seguiva il lavoro nelle piantagioni. In quelle di zucchero, la vita media era di 10 anni. Ma questo non rendeva meno amara la cioccolata che le dame europee gustavano per essere alla moda.

L’abolizione della tratta degli schiavi

La tratta degli schiavi terminò nel 1800 ma il processo che ne decretò la fine fu assai complesso. In Francia, durante la Rivoluzione, nel 1794, ne venne ordinata l’abolizione, ma tale decreto rimase inapplicato. Più tardi anzi un intervento di Napoleone la reintrodusse.

Nel corso del Congresso di Vienna, nel 1815, fu approvata una risoluzione di condanna del mercato degli schiavi, ma poi occorsero alcuni decenni prima che questa condanna trovasse esecuzione. La Gran Bretagna, ad esempio, abolì la schiavitù nelle sue colonie nel 1833; la Francia lo fece nel 1848 e il Portogallo solo nel 1878.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il 2 marzo 1807 il Congresso degli Stati Uniti d’America vietò l’importazione di schiavi all’interno della giurisdizione degli Stati Uniti.

Il 18 dicembre 1865, conclusa la guerra di secessione (1861-1865), il governo degli Stati Uniti d’America decretò la fine della schiavitù in tutta la nazione con l’approvazione del XIII emendamento alla Costituzione americana voluto da Abramo Lincoln (1809-1865), 16° presidente degli Stati Uniti d’America.

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