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Odissea Libro XII: le Sirene, Scilla e Cariddi, l’isola del Sole

Odissea Libro XII riassunto dettagliato: l’isola delle Sirene, Scilla e Cariddi, le vacche del dio Sole.

Dopo il viaggio nell’Ade (Libro XI), Odisseo e i compagni tornano di nuovo da Circe e danno sepoltura a Elpenore. Poi Circe istruisce l’eroe su come dovrà affrontare i rischi che lo attendono ancora nel suo viaggio: le Sirene, Scilla e Cariddi, le vacche del dio Sole.
La mattina seguente la nave riparte.

Odissea Libro XII: l’isola delle Sirene

Così come consigliato dalla maga Circe, Odisseo per sfuggire al pericolo di essere uccisi dalle Sirene, ottura con la cera le orecchie dei compagni e si fa legare all’albero della nave perché non vuole rinunciare ad ascoltare la loro voce.

La maga Circe descrive così Scilla a Odisseo: «Latra terribilmente: la voce è quella di un cucciolo di una cagna, ma è un mostro spaventoso, e nessuno, neanche un dio, avrebbe piacere a trovarsi sulla sua strada. Ha dodici piedi, tutti orribili e sei colli lunghissimi, e su ognuno di loro una testa spaventosa e tre file di denti fitti e serrati, pieni di nera morte. Per metà è immersa nella grotta profonda, ma sporge le teste fuori dal baratro orribile e là pesca, frugando intorno allo scoglio, delfini e foche e bestie anche più grandi. Nessun navigante può vantarsi di esserle sfuggito illeso sulla sua nave; con ogni testa afferra un uomo, portandolo via dalla nave nera». Di fronte a Scilla sta Cariddi in agguato all’ombra del fogliame di un immenso fico, su una rupe inacessibile. Il mostro Cariddi per tre volte al giorno inghiotte e vomita dall’orrenda bocca enormi quantità di acqua con tutto quel che contiene (pesci, navi, uomini).

Le Sirene cantano in modo affascinante e promettono di svelare tutto ciò che accade o è accaduto sulla terra, cominciando proprio dall’argomento che l’eroe conosce direttamente, cioè le sciagure della guerra di Troia (e ci ricordano così che il desiderio di sapere è una componente del personaggio Odisseo); Odisseo vorrebbe slegarsi, ma Perimede ed Euriloco lo stringono all’albero ancora più forte.

Così Odisseo e i suoi compagni passano incolumi accanto alla pericolosa isola¹ e proseguono il viaggio.

Odissea Libro XII: Scilla e Cariddi

La nave riesce a superare il rischio di essere inghiottiti dal vortice di Cariddi. Mentre tutti sono intenti a guardarlo e a proseguire la rotta, le sei teste di Scilla² afferrano e divorano improvvisamente altrettanti compagni di Odisseo. Essi invocano il suo aiuto, però egli non può far nulla per loro. L’eroe ha tentato invano di contrastare Scilla con le inutili armi, dimenticando i consigli di Circe. La maga gli ha suggerito di non indossarle e di rivolgere invece una preghiera a Crataide, la divinità marina madre del mostro. Odisseo, però, nel suo orgoglio, dimentica i consigli: per lui è doloroso, perché disonorevole e umiliante, il divieto di usare le armi.

Odissea Libro XII: le vacche del dio Sole

Odisseo e i compagni superstiti raggiungono l’isola del Sole (poi identificata con la Sicilia). Ricordando la profezia di Tiresia, il protagonista non vorrebbe neppure fermarsi lì, ma Euriloco si oppone con forza, a nome di tutto l’equipaggio, perché è già sera e sono stanchi. Odisseo acconsente ma fa giurare a tutti di non toccare le vacche sacre al dio Sole.

La nave resta bloccata per un mese dalla mancanza di venti favorevoli. Un giorno, mentre Odisseo dorme, Euriloco invita i compagni affamati a mangiare gli animali sacri del dio. Odisseo si sveglia troppo tardi per impedirlo.

Al settimo giorno riprendono il mare. Si scatena una terribile tempesta che fracassa la nave e fa morire tutto l’equipaggio. Odisseo si salva unendo l’albero maestro a un pezzo della chiglia; su questa zattera di fortuna raggiunge di nuovo il vortice di Cariddi, che inghiottisce l’imbarcazione, mentre l’eroe si salva aggrappandosi a un fico cresciuto sullo scoglio; riprende poi il mare, aggrappandosi ad alcuni pezzi di legno. Così va alla deriva per nove giorni, finché raggiunge l’isola di Calipso, dove la ninfa lo accoglie amorevolmente (Odissea Libro V). Qui termina il racconto di Odisseo presso la corte dei Feaci.

¹ La tradizione, accolta anche da Virgilio, colloca l’isola delle Sirene in un gruppo di scogli a sud della penisola di Sorrento.

² Scilla e Cariddi, raffigurati dalla tradizione antica come due mostri, simboleggiano fantasticamente la pericolosità dello Stretto di Messina, un tratto di mare caratterizzato da molti gorghi e fortissime correnti.

Nel prossimo articolo Odissea Libri XIII-XVI: Il ritorno di Odisseo a Itaca

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