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Il Diavolo nel Mondo e nell’Arte Medievale

Il terrore del diavolo e la paura dell’inferno ossessionavano l’uomo del Medioevo.

Secondo il grande medievista francese Jacques Le Goff (1924-2014), il diavolo è stato «la grande creazione del cristianesimo durante il Medioevo».

Nel Medioevo, il diavolo divenne una figura pervasiva nell’arte come nel pensiero e nella mentalità, che la si chiamasse “diavolo” (letteralmente “colui che si mette di traverso”, dal greco diabàllo), “Satana” (dall’ebraico satan, “avversario, nemico”), oppure “Belzebù” (dall’ebraico Ba’ alzebub, “il Signore delle mosche”).

Il diavolo è spesso presente nelle sculture, sulle facciate delle chiese, nei capitelli e nelle pitture. Esso trascina le anime nell’inferno al momento della morte, le strappa dalla pesa degli angeli che misurano la loro bontà o i loro peccati, infligge torture terribili ai dannati. Il suo aspetto è mostruoso e terrificante.

Le torture inflitte ai peccatori sono illustrate senza risparmiare i particolari più truci, con un realismo a volte impressionante.

Nelle pitture e nelle sculture se i beati appaiono tutti uguali, con le mani giunte, un’aria estatica e serena, i diavoli sono ben diversificati. Alcuni hanno schiene con la gobba, mani a forma di artigli, capelli irti e ispidi; altri, bocche enormi con denti simili a lame e corpi coperti da lunghi peli.

La figura del diavolo nel Medioevo tormentava i sonni di nobili e popolani; pure gli uomini di Chiesa giuravano di averlo visto in sogno e descrivevano nelle prediche e nei libri il suo terribile aspetto.

L’arte pittorica medievale si nutrì delle immagini di diavoli e dannati presenti in affreschi e mosaici. In una società in cui gran parte delle persone non sapeva leggere né scrivere e in cui si stavano formando lingue diverse dal latino, le immagini erano utilizzate come mezzo per la comunicazione dei contenuti della religione.
Dunque, fu l’arte a diffondere una visione concreta dell’aldilà; le terribili figure di dannati torturati da demoni ripugnanti dovevano suscitare un sincero sgomento nell’uomo medioevale, inducendolo a pentirsi dei peccati e a salvarsi.

Molti sono gli animali cui il diavolo è associato: il serpente, di ascendenza biblica; il maiale; il capro, da cui probabilmente derivano alcuni tratti come le corna e la barba. Forconi, uncini e rastrelli, tipici strumenti della vita dei campi, diventano, nell’iconografia, le armi con cui i diavoli infliggono tremende torture ai dannati.
Un esempio, risalente al XII secolo è dato dagli splendidi mosaici del Duomo di Torcello, piccola isola della laguna di Venezia.

I dannati del Giudizio universale del duomo di Torcello (XII secolo)
I dannati del Giudizio universale del duomo di Torcello (XII secolo)

I contorni accentuati, i colori intensi, la dinamicità delle figure creano un insieme ricco di pathos e capace di agire emotivamente nell’animo di chi guarda.

Su questo filone intenso e realistico, si può collocare anche il mosaico del Giudizio finale del Battistero di Firenze iniziato probabilmente nel 1225 e attribuito a Coppo di Marcovaldo.

Il Giudizio finale, particolare del diavolo, mosaico del XIII secolo, attribuito a Coppo di Marcovaldo. Firenze, Battistero
Il Giudizio finale, particolare del diavolo, mosaico del XIII secolo, attribuito a Coppo di Marcovaldo. Firenze, Battistero

Qui, campeggia sulla scena un orrendo diavolo che divora i dannati e ha tutti gli attributi tipici del demonio (le corna, la barba nera, i serpenti), elaborati con uno stile grottesco, deformante e fortemente espressivo. La scena è inoltre satura di dannati e di diavoli che li sottopongono a torture spaventose.

Segue lo splendido affresco del Giudizio universale di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, realizzato nel 1303-1304.

Giudizio universale di giotto nella cappella degli scrovegni di padova
Particolare del Giudizio universale di Giotto, 1303-1304, nella Cappella degli Scrovegni di Padova

Gli accenti realistici e grotteschi permangono: Lucifero è obeso, livido, animalesco, attorniato di serpi mostruose; i suo demoni hanno tratti selvaggi e sadici; le pene sono terribili: si vedano, in particolare, le impiccagioni (lato destro), che richiamavano la diretta esperienza di vita del mondo medievale.
Nel suo complesso l’impostazione dell’affresco è solenne e ispirata da un senso profondo e implacabile della giustizia divina.

Giudizio universale di Giotto nella Cappella degli Scrovegni di Padova
Giudizio universale di Giotto nella Cappella degli Scrovegni di Padova

Le stesse fiamme della punizione provengono dal sereno arcobaleno che circonda un maestoso Cristo giudice. La scena è nettamente divisa in due parti: da un lato, in schiere composte e simmetriche, i giusti; dall’altro, in uno spazio che si fa improvvisamente agitato e vorticoso, i dannati, avvolti in un turbine di fiamme.

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