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Potere giudiziario e Magistratura, spiegato semplice

Il potere giudiziario in Italia è esercitato dalla Magistratura. La Magistratura è un complesso di organi indipendenti (i giudici), il cui compito è quello di vigilare affinché, una volta promulgate le leggi, tutti i cittadini le rispettino e di punire coloro che le infrangono.

Per un approfondimento leggi Come nasce una legge: iter legislativo.

Per poter esercitare il potere giudiziario senza interferenze e garantire il principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge, la Magistratura deve essere indipendente. Per questo la Magistratura non riceve il suo incarico dai cittadini o dal Parlamento o dal Governo, ma si autogoverna: ogni magistrato risponde del suo operato solo davanti alla legge e davanti agli altri magistrati.

Ecco perché a capo della Magistratura c’è il Consiglio superiore della Magistratura, formato per i due terzi da membri eletti tra gli stessi magistrati e per un terzo da membri eletti dal Parlamento. Solo il Consiglio superiore della Magistratura può indagare su un magistrato e, se necessario, punirlo. A presiedere il Consiglio superiore della Magistratura è il Presidente della Repubblica.

Potere giudiziario e Magistratura: i tre ambiti della giurisdizione

In base alle situazioni e ai rapporti sui quali il giudice è chiamato a intervenire, si può dividere la giurisdizione in tre grandi insiemi.

  1. La giurisdizione civile, che concerne i rapporti regolati dal diritto privato (ad esempio, i rapporti ereditari, le procedure del divorzio, le liti in materia di locazione, l’infortunistica stradale ecc.). In tale ambito la funzione del magistrato è quella di individuare quale delle parti in causa ha ragione e di provvedere al soddisfacimento delle sue richieste.
  2. La giurisdizione penale, che fa invece riferimento a quei comportamenti (reati) sentiti come lesivi di beni e valori fondamentali per il vivere sociale e per i quali la legge stabilisce le conseguenze più gravi, cioè le pene. In questo caso, la funzione del giudice è quella di accertare se l’imputato ha tenuto o meno il comportamento a lui attribuito e di stabilire, di conseguenza, la pena a cui deve sottostare.
  3. La giurisdizione amministrativa, che si attiva in quelle situazioni in cui un soggetto ritiene di essere stato leso in un suo interesse da un atto illegittimo della pubblica amministrazione (come, ad esempio, il mancato rilascio della patente di guida a un soggetto che ha superato i test attitudinali o il provvedimento di esproprio di un’area non indennizzato o non sorretto dalla motivazione di pubblica utilità). In tale giudizio si tratta di accertare sia la lesione di una situazione meritevole di tutela (quella del cittadino), sia l’illegittimintà dell’atto della pubblica amministrazione.

Potere giudiziario e Magistratura: principi e garanzie costituzionali

La Costituzione dedica ampio spazio alla Magistratura. Oltre a quanto stabilito dagli artt. 101-113, sono fondamentali il principio di difesa (art 24, c. 2), il principio di legalità e irretroattività della legge penale (art 25 c. 2 e c. 3), il principio di personalità della responsabilità penale (art. 27, c. 1) e quello di presunzione di non colpevolezza (art. 27, c. 2).

L’art. 25, comma 1 stabilisce, inoltre, il principio del giudice naturale, il quale prevede che, al momento in cui si rende possibile o necessario il ricorso alla giustizia, il giudice competente debba essere individuato in virtù di regole preesistenti e generali e non possa essere indicato in base a criteri stabiliti dopo il fatto da giudicare. Questo al fine di evitare qualsiasi precostituzione di opinione nel giudice e di salvaguardare il principio di imparzialità.

Potere giudiziario e Magistratura: l’indipendenza del potere giudiziario

Strettamente legato a quello di imparzialità è il principio di indipendenza. È innanzitutto l’art. 101 che sancisce tale principio stabilendo, da un lato, che «i giudici sono soggetti soltanto alla legge» e, dall’altro, che la funzione giurisdizionale è «amministrata in nome del popolo».

Tutto questo tende a riaffermare le garanzie di indipendenza del potere giudiziario e a sottolineare che ciascun organo giurisdizionale (e quindi ciascun magistrato) è indipendente e non può essere sottoposto a ingerenze o condizionamenti di alcun tipo, dal momento che «la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere» (art. 104 della Costituzione).

Il giudice deve quindi decidere il caso applicando la legge con libero convincimento e secondo coscienza, senza timore di dover subire per la sua decisione danneggiamenti sul piano della posizione lavorativa; per questo la nostra Costituzione ha stabilito, all’art. 107, che «i magistrati sono inamovibili» e «non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisoni del Consiglio superiore della magistratura».

Altre garanzie di indipendenza consistono:

a) nel divieto di istituire giudici straordinari o speciali (art. 102, c. 2);
b) nell’organizzazione interna di carattere non gerarchico richiesta dall’art. 107, comma 3, laddove si stabilisce che «i magistrati si distinguono tra loro soltanto per la diversità di funzioni». Questo significa che non c’è nessun obbligo per un giudice (per esempio un giudice di pace o un giudice di Tribunale) di uniformarsi alle direttive di un altro “più autorevole” (ad esempio, la Corte di Cassazione);
c) nel reclutamento tramite concorso (art. 106), per evitare favoritismi.

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