Home » Riassunti » Letteratura » I Promessi Sposi » Riassunto capitolo 14 Promessi Sposi

Riassunto capitolo 14 Promessi Sposi

Ascolta “Alessandro Manzoni – I Promessi Sposi – capitolo 14” su Spreaker.
Riassunto capitolo 14 Promessi Sposi. Il capitolo 14 de I promessi sposi è il primo capitolo dedicato da cima a fondo a Renzo e inaugura un gruppo di capitoli, dal 14 al 17, interamente riservato a questo personaggio.

Riassunto capitolo 14 Promessi Sposi

L’inizio del capitolo 14 dei Promessi Sposi si collega immediatamente alla fine del capitolo precedente.

Con l’allontanarsi della carrozza di Antonio Ferrer, mentre molti se ne tornano a casa, poiché si è fatto sera, alcuni si fermano a parlare e si scambiano opinioni. Anche Renzo dice la sua, con tale foga da attirare subito l’attenzione e divenire il centro d’interesse d’un crocchio di persone, al quale tiene un piccolo comizio.

Le sue personali disavventure, associate ai problemi collettivi in cui è stato coinvolto, hanno fatto maturare in lui precise convinzioni: il mondo deve andare «un po’ più da cristiani»; ci sono persone malvagie («tiranni») che agiscono contrariamente ai precetti dati da Dio («fanno proprio al rovescio de’ dieci comandamenti»); le leggi ci sono, ma non vengono applicate («ma non se ne fa nulla»), perché c’è una «lega», ovvero un accordo fra i prepotenti.

L’unica soluzione, afferma Renzo, è di «andar da Ferrer, e dirgli come stanno le cose», denunciando anche lo scarso rispetto dei delinquenti per le sue grida.

Renzo sta rapidamente prendendo coscienza che il mondo non finisce nel suo paesello e che la vita è disseminata di piccole e grandi violenze da cui bisogna difendersi. Tuttavia è ancora molto ingenuo: crede a ciò che vede senza sospettare malizia o sotterfugi. E’ davvero convinto che Antonio Ferrer sia sinceramente affezionato al popolo milanese; che i sorrisi distribuiti senza risparmio poche ore prima (vedi riassunto capitolo 13 Promessi Sposi) corrispondano a un animo ben disposto e generoso e che le sue parole riflettano l’intenzione reale di far trionfare la giustizia.

Nel crocchio c’è anche uno sbirro travestito, che si è mescolato alla folla per scoprire i capi della rivolta e consegnarli alla giustizia. Si offre di accompagnare Renzo, allorché questi chiede che gli venga indicata un’osteria «per mangiare un boccone» e riposarsi. L’intenzione reale dello sconosciuto è di condurlo in prigione, ma Renzo dopo un po’ di cammino vede un’osteria indicata dall’insegna della luna piena e decide di entrare senza andare oltre e con lui entra anche lo sconosciuto.

Riassunto capitolo 14 Promessi Sposi

Nel locale molti avventori mangiano e giocano, mentre sotto la cappa del camino, su una piccola panca, siede l’oste: ha una «faccia pienotta e lucente» (proprio come la luna piena, che è poi il nome dato alla sua osteria); «una barbetta, folta, rossiccia, e due occhietti chiari e fissi».

L’oste sembra occupato a disegnare nella cenere, in realtà non gli sfugge nulla: è un furbo che sa nascondere benissimo le sue emozioni e i suoi pensieri. Non lascia trapelare né il disappunto alla vista della spia che ben conosce né la curiosità circa l’identità di Renzo.

Renzo ordina all’oste dello stufato e l’oste dichiara prontamente di non aver pane.

Questa affermazione produce le prime compromettenti dichiarazioni di Renzo: alza per aria «il terzo e ultimo di que’ pani raccolti sotto la croce di San Dionigi» e dichiara che si tratta del «pane della Provvidenza». Nessuno crede che non sia stato rubato e meno che mai il poliziotto che, anzi, si convince che Renzo abbia partecipato all’assalto al forno delle grucce (leggi Promessi Sposi capitolo 12 Riassunto) e abbia attivamente contribuito al dilagare della rivolta.

Renzo, incalzato dalla spia, dichiara di voler dormire nell’osteria per quella notte e l’oste torna da lui con carta, penna e calamaio. Renzo si contraria, ma l’oste gli recita il contenuto della grida, che impone agli osti di registrare nome, cognome, luogo d’origine, motivo del soggiorno a Milano, eventuali armi in possesso dell’avventore, durata del soggiorno.

Ma Renzo continua a bere vino; le sue facoltà si appannano; si rifiuta di rivelare i fatti suoi e dichiara che la grida in realtà vuol dire «comanda chi può, e ubbidisce chi vuole».

L’oste non fiata, a lui basta aver dimostrato di aver compiuto il suo dovere; non gli importa nulla di Renzo né delle grida e così torna a sedere sotto la cappa del camino a disegnare figure nella cenere e inizia un soliloquio: è inviperito contro Renzo per la posizione difficile in cui lo ha messo. Ora si trova costretto a denunciarlo, perché non gli ha dichiarato le sue generalità in presenza del poliziotto; non può rischiare di passare per complice di colui che tutti, ormai, credono sia uno dei capi della rivolta.

Renzo è completamente ubriaco e il sedicente «Ambrogio Fusella, di professione spadaio, con moglie e quattro figliuoli» gli illustra un interessante «progetto»: distribuire il pane in ragione delle bocche da sfamare. Renzo, offuscato dal vino e entusiasmato dalla proposta, incautamente gli dice il suo nome e cognome e non fa attenzione che tutto è messo su carta, con tanto di penna e calamaio.

Ottenuto ciò che voleva, il poliziotto se ne va, mentre Renzo diventa oggetto di scherno («lo zimbello») da parte degli avventori: lo canzonano, si divertono ai suoi atteggiamenti da ubriaco, alle sue parole insensate.

Per fortuna (e di questo Manzoni se ne compiace) Renzo, guidato dall’istinto, non pronuncia il nome di Lucia e risparmia alla fanciulla di divenire oggetto di divertimento «di quelle lingue sciagurate».

Ultimi articoli

Giochi

Sullo stesso tema