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Odissea Libro XXII: la strage dei Proci

Odissea Libro XXII: la strage dei Proci riassunto dettagliato

Il libro XXI dell’Odissea si è chiuso su Telemaco e Odisseo, l’uno al fianco dell’altro, pronti alla vendetta.

Odissea Libro XXII: riassunto dettagliato

Odisseo, con un movimento fulmineo, si toglie gli stracci che lo travestivano da mendicante e che lo avrebbero ostacolato nella strage; poi, con inaspettata energia, balza sulla soglia della grande sala, annunciando di voler cercare un altro bersaglio, che un uomo non ha mai colpito e punta la freccia su Antinoo. Questi si diverte, sta per bere; pare del tutto ignaro di quanto sta per avvenire. Odisseo mira alla gola e una freccia gli trapassa il collo.

Gli altri Proci cercano le armi. Solo ora si accorgono della mancanza di esse, abitualmente appese alle pareti della sala e spostate, per precauzione, da Telemaco e dal padre la sera precedente.
Essi formulano l’ipotesi che lo straniero abbia ucciso per errore, o senza rendersi conto esattamente della gravità di quanto stava facendo; in ogni caso per aver eliminato il giovane e nobile Antinoo, gli minacciano che ora sarà ucciso e lasciato insepolto, in pasto agli avvoltoi.

Odisseo li smentisce crudamente e comincia a rinfacciare ai pretendenti le loro colpe: i Proci con la loro tracotante superbia, lo hanno offeso come marito, perché hanno cercato di prendere il suo posto accanto a Penelope; gli hanno fatto violenza come padre, perché hanno attentato alla vita di suo figlio; lo hanno disprezzato come ospite e padrone della reggia, perché hanno saccheggiato le sue sostanze e hanno spinto all’infedeltà servi e ancelle.

Eurimaco tenta di addossare tutte le responsabilità ad Antinoo e offre a Odisseo un indennizzo collettivo per i cibi e le bevande consumate nella sua casa e una sorta di multa come risarcimento del danno morale: i Proci attingeranno al loro patrimonio personale e daranno, ciascuno, un valore equivalente a venti buoi, in metalli preziosi. Odisseo rifiuta e dichiara di voler innanzitutto punire l’arroganza dei Proci; nessuna compensazione materiale potrebbe salvarli. Li invita a combattere, già certo che nessuno di loro potrà salvarsi.

I Proci restano terrorizzati e senza forze di fronte alle dure minaccie dell’eroe. È Eurimaco il primo a prendere atto della situazione e propone rapidamente una strategia di salvezza: li incita a sguainare le spade e ad utilizzare come scudo le «mense» (i tavolini destinati a sorreggere i piatti e i cibi).
Eurimaco attacca Odisseo con la spada, ma viene colpito da una sua freccia ancor prima di raggiungerlo. La morte di Eurimaco è presenta in termini simili a quella di Antinoo: egli ferito a morte, rovescia il cibo e una coppa, scalcia contro il sedile («trono») e si abbatte al suolo con la fronte, agonizzando, finché la tenebra non dilaga i suoi occhi.

Ora è Anfinomo che tenta di attaccare Odisseo con la spada, ma viene colpito alle spalle da Telemaco.
Odisseo è armato solo di frecce; Telemaco propone di procurare al più presto scudo, elmo e aste per sé, per il padre e per i servi fedeli, perché i Proci hanno con sé le proprie spade. L’eroe incoraggia in figlio in questa iniziativa e Telemaco si dirige nella stanza al piano superiore dove la sera precedente assieme al padre aveva depositato le armi. Afferratele raggiunge rapidamente Odisseo, che freccia dopo freccia sta facendo strage dei Proci.

Agelao tenta di raggiungere un’apertura che si trova nella parete, per aprirla e dare l’allarme. Il capraio Melanzio ritiene impossibile raggiungerla, ma trova un passaggio per arrivare alla stanza in cui stanno le armi e rifornisce i Proci di elmi, lance e scudi. Telemaco, avvertito da Odisseo, ordina a Eumeo e Filezio di risolvere il problema. Essi sorprendono il capraio traditore nella stanza delle armi e lo legano a una colonna, lasciandolo appeso a soffrire atrocemente.

Atena intanto assume l’aspetto del nobile itacese Mentore e si pone accanto a Odisseo per proteggerlo. I Proci minacciano di uccidere anche il falso Mentore, mentre la dea accusa Odisseo di non avere più il coraggio di quando combatteva nella guerra di Troia; poi si trasforma in una rondine e si pone a guardare lo scontro su una trave dell’alto soffitto.

Ora i Proci superstiti, armati per intervento di Melanzio, cercano di organizzarsi. Li guida Agelao, figlio di Damastore, che con altri cinque pretendenti (Eurinomo, Anfimedonte, Demottolemo, Pisandro, Polibo) forma la prima fila del gruppo armato.

Agelao crede che Mentore (Atena aveva assunto l’aspetto di Mentore, ma poi si era ritirata in volo sul soffitto, in forma di rondine) si sia ritirato dalla lotta a favore di Odisseo; quindi propone alla prima fila di scagliare tutti insieme le lance contro il solo Odisseo, l’avversario più pericoloso; ma i loro colpi, per volere di Atena, vanno tutti a vuoto. Essi invece vengono tutti trafitti mortalmente.

L’ultimo a morire è l’indovino Leode che supplica invano Odisseo di salvargli la vita, affermando di non avere colpe, ma l’eroe lo decapita e la sua testa cadde nella polvere, mentre lui ancora cercava di parlare. Vengono invece risparmiati l’aedo Femio e l’araldo Medonte. Alla fine, Odisseo guarda attentamente la grande sala: tutti i Proci giacciono nel sangue.

Telemaco va a chiamare l’anziana Euriclea, che vorrebbe gridare di gioia di fronte ai cadaveri, ma Odisseo la invita a frenarsi: i Proci sono morti per le loro azioni malvage, che hanno suscitato la collera divina. Le chiede però di far scendere nella sala, mentre Penelope è ancora immersa in un sonno profondo, le ancelle infedeli. Esse, afferma Euriclea, sono dodici su cinquanta. Odisseo ordina a Telemaco, Eumeo e Filezio di ucciderle con le spada. Ma prima le dodici ancelle sono costrette a portare nell’atrio tutti i cadaveri e a ripulire la sala. Infine Telemaco le impicca spietatamente; poi, con Eumeo e Filezio, mutila e uccide in modo orribile Melanzio, che era rimasto appeso ad agonizzare nella stanza delle armi.

Odisseo chiede ad Euriclea di portare dello zolfo, con il quale disinfetta tutta la casa. L’anziana nutrice chiama anche le ancelle fedeli, che si affollano affettuosamente intorno a Odisseo, baciandogli la testa, le spalle e le mani; egli le riconosce tutte, piangendo per la commozione.

Il racconto continua con Odissea Libro XXIII: Penelope e Odisseo

Questo articolo è tratto dall’ebook “Odissea, riassunto, personaggi, luoghi e fatti dell’opera di Omero” in vendita in versione Kindle su Amazon

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