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Odissea Libro XXIII: Penelope e Odisseo

Odissea Libro XXIII: riassunto dettagliato

Odissea Libro XXIII: la freddezza di Penelope

Compiuta la strage dei Proci (Odissea Libro XXII: la strage dei Proci), Euriclea sale a svegliare Penelope dal suo sonno profondo. Le comunica con gioia la notizia del ritorno di Odisseo e della strage. La regina resta incredula e pensa che l’anziana nutrice si faccia beffe di lei; stenta a crederle, nonostante le numerose conferme da parte di Euriclea, che le parla anche della cicatrice (Odissea Libro XIX: Euriclea riconosce Odisseo), segno di riconoscimento dell’eroe. Penelope pensa che la strage sia stata opera di un dio.

La regina scende nella grande sala e si pone a sedere, silenziosa e dubbiosa, lontano dallo “straniero”, sporco per la strage appena compiuta.

Telemaco rimprovera la madre per la sua inspiegabile durezza di cuore, ma essa dichiara di volere segni di riconoscimento più certi e personali; Odisseo dimostra di comprendere il comportamento della sposa e chiede al figlio di tollerare le comprensibili incertezze di sua madre. Poi ordina che tutti danzino al suono della cetra dell’aedo Femio, perché all’esterno si pensi che nella reggia si stia facendo festa per le nozze della regina: la notizia della strage non deve diffondersi, altrimenti potrebbe subito scatenarsi la vendetta dei familiari dei Proci.

Intanto Odisseo si lava e si veste degnamente. La dea Atena, come già aveva fatto nella terra dei Feaci (Odissea Libro VI: Odisseo e Nausicaa), accresce la bellezza e il fascino di Odisseo. L’eroe ora si aspetta un’accoglienza cordiale da parte della moglie, ma questo non avviene e dunque le rivolge parole di rimprovero per la sua durezza. Poi, irritato, chiede a Euriclea di preparargli un letto dove dormire da solo.

Odissea Libro XXIII: il segreto del talamo nuziale, l’ultima prova

Penelope rifiuta l’accusa di superbia sprezzante; vuole però un’ultima conferma, decisiva; perciò riprende l’ordine dato dall’eroe a Euriclea e lo completa: l’ancella non dovrà semplicemente preparare per Odisseo un giaciglio “singolo”, ma dovrà portare il letto nuziale fuori dalla stanza costruita da lui. Odisseo, infatti, aveva fabbricato la camera da letto intorno a una grande pianta d’ulivo, simbolo della vita, e poi aveva tagliato i rami e sgrossato il legno, lasciando però il letto radicato nella terra; di tutto ciò erano a conoscenza solo i due sposi e l’ancella Attoride.

Ecco perché Odisseo si stupisce e s’indigna: chi ha potuto smuovere dalla base il suo letto, intagliato da lui in un tronco d’ulivo radicato nel terreno? (la possibilità che qualcuno abbia potuto sradicare il letto costituisce un rischio di infedeltà, da parte di Penelope!). La reazione dell’eroe è la prova che Penelope attende: solo i due coniugi e un’ancella erano a conoscenza del segreto di quel letto. Penelope piange e abbraccia lo sposo.

Si confronta poi con la bellissima Elena. Se ella avesse riflettuto sulle conseguenze del suo facile abbandono amoroso a Paride, non avrebbe causato tanto dolore per tutti. Penelope, invece, ha voluto riflettere a fondo prima ed essere completamente sicura dell’identità del marito, prima di abbandonarsi all’impulso amoroso.

Ora anche Odisseo si abbandona all’emozione e resta senza parole; abbraccia piangendo la sposa, tanto fedele quanto saggia e assennata, astuta e tenace come lui.

L’ampia similitudine che segue paragona la gioia di Penelope, che stringe tra le braccia lo sposo dopo vent’anni, al sollievo dei naufraghi che toccano terra dopo una tremenda tempesta; la similitudine allude al ritorno di Odisseo dopo aver affrontato viaggi in mare e pericolose tempeste, mentre la sposa non si è mossa da casa, ma ha affrontato anche lei molte angosce e ha dovuto sopportare una lontananza penosa, che ora si è finalmente risolta.

Odissea Libro XXIII: Penelope e Odisseo finalmente insieme

Prima di ritirarsi con la sposa nel letto nuziale, Odisseo le rivela però la profezia dell’indovino Tiresia (Odissea Libro XI: riassunto) sull’ultima prova che dovrà affrontare. Egli viaggerà per molte città, finché non troverà un paese in cui è totalmente sconosciuto il mare. Lì pianterà il suo remo e compirà un grande sacrificio al dio Poseidone; a quel punto potrà rientrare definitivamente in patria dove, riconciliato con sacrifici a tutti gli dèi, trascorrerà una felice vecchiaia. Penelope si augura dunque che almeno l’ultima parte della loro vita sia serena.

Intanto l’ancella Eurinome e la nutrice Euriclea preparano il letto nuziale. Qui i due sposi ritrovati si abbandonano alle gioie dell’amore e alle confidenze reciproche sui vent’anni passati, raccontandosi tutto in una notte di cui Atena prolunga benevolmente la durata.

Quando l’eroe è sazio d’amore, di racconti e di sonno, la dea fa sorgere l’alba. Odisseo, preoccupato per la vendetta dei parenti dei Proci, raccomanda alla moglie e alle ancelle di chiudersi in casa, nelle stanze superiori; egli si arma, insieme a Telemaco, Eumeo e Filezio, e si reca in campagna, per rivedere suo padre Laerte.

Il racconto continua con Odissea Libro XXIV: l’epilogo

Questo articolo è tratto dall’ebook “Odissea, riassunto, personaggi, luoghi e fatti dell’opera di Omero” in vendita in versione Kindle su Amazon

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