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George Berkeley – Esse est percipi

George Berkeley nasce a Dysert, in Irlanda, il 12 marzo 1685. Si laurea a Dublino nel 1707 e giunse prestissimo a formulare il principio fondamentale della sua filosofia, l’immaterialismo.

Dopo alcuni anni di studi e viaggi e frequentazione della società brillante di Londra, George Berkeley concepisce il grande disegno di evangelizzare e civilizzare i “selvaggi” d’America.

Nel 1728 parte per fondare un collegio nelle isole Bermuda. Si ferma a Rhode Island per i sussidi che gli sono stati promessi, vi rimane invano fino alla fine del 1731.

Durante questi anni George Berkeley compone l’Alcifrone, dialogo polemico contro i “liberi pensatori” del tempo.

Ritornato a Londra, continua i suoi studi. Chiese e ottiene di essere nominato vescovo di Cloyne in Irlanda e lì si stabilisce, dedicandosi a opere filantropiche e morali.

In occasione delle epidemie che colpiscono l’Irlanda nel 1740, George Berkely crede di trovare nell’acqua di catrame un medicamento miracoloso. Scrive allora la Siris, in cui, partendo dalle analisi delle proprietà di questo elemento, elabora una dottrina metafisica di stampo neo – platonico.

Nel 1752 George Berkely si trasferisce ad Oxford, dove muore il 14 gennaio 1753.

George Berkely: il pensiero

George Berkeley riprende il principio cartesiano, assunto anche da Locke, secondo cui i soli oggetti della conoscenza umana sono le idee, non la realtà esterna.

Tutto ciò che noi chiamiamo cose non sono altro che idee. Le idee per esistere hanno bisogno di essere percepite: esse est percipi (essere è essere percepito). Comunemente si crede che le cose naturali abbiano un’esistenza reale distinta dalla percezione che l’intelletto ne ha: si distingue l’essere percepito di una cosa dal suo essere reale. Una distinzione che George Berkeley condanna, affermando che l’oggetto e la percezione sono la stessa cosa.

George Berkeley, quindi, nega le idee astratte, perché possono essere percepite solo le idee particolari; le qualità primarie, che non esistono senza le secondarie, cioè senza una mente che le pensa; e, infine, la sostanza materiale: non può essere immediatamente conosciuta e non può fungere da causa attiva delle idee. Tutto ciò che esiste è idea pensata o spirito pensante.

Le idee, dice George Berkeley, devono avere una causa. Quella causa è Dio. Le idee sono infatti inattive, cioè prive di forza e di azione. Attivo è solamente lo spirito che le possiede. Il nostro spirito può quindi agire sulle idee, sulle quali infatti agisce, unendole e variandole liberamente.

Ma lo spirito dell’uomo è finito: riceve passivamente le idee, che vengono attivate dallo spirito infinito di Dio.
Le leggi di natura sono le regole fisse con cui Dio produce in noi le idee.

Dio, secondo George Berkeley, non rappresenta solo una verità ontologica necessaria per spiegare la causa delle idee, ma anche qualcosa di indispensabile per chiarire la sorte delle idee quando noi non le percepiamo. Dio si configura come la Mente infinita grazie a cui le idee esistono anche quando non vengono percepite.

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