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Il Palazzo di Atlante – Canto 12 Orlando Furioso

Riassunto e analisi Canto 12 (XII) Orlando Furioso: Il Palazzo di Atlante.

L’episodio del Palazzo di Atlante è tra i più celebri dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.

Il Palazzo di Atlante: il riassunto

Il Palazzo di Atlante è un palazzo incantato fatto sorgere dal Mago Atlante per tenervi dentro Ruggiero e impedire che si compia il suo destino: sposare Bradamante e poco dopo essere ucciso a tradimento.

Con i propri incantesimi il mago fa sì che qualunque cavaliere passi nei dintorni abbia l’impressione di vedere la cosa da lui più desiderata e di cui è alla ricerca sparire all’interno del palazzo (la propria donna, il proprio cavallo, le armi e così via). I cavalieri dentro il palazzo non possono riconoscersi per effetto della magia, quindi non c’è il rischio che possano battersi tra loro.

Ecco Orlando che crede di vedere Angelica, rapita da un cavaliere, entrare nel palazzo. Come Orlando anche Ruggiero e altri cavalieri (Ferraù, Sacripante, Gradasso…) sono attirati nel palazzo alla ricerca della cosa «che più per sé ciascun brama e disia».

Una volta dentro, i cavalieri non vedono più nulla, ma quando escono, perché all’interno non hanno trovato ciò che cercavano, vedono una nuova illusione e rientrano per cercare quel qualcosa. I personaggi sono così tenuti fermi nel palazzo.

Anche Angelica entra nel palazzo. Il mago non può vederla perché ha con sé l’anello che la rende invisibile.

La ragazza decide di liberare Sacripante perché la scorti in Estremo Oriente, nel regno di Galafrone. Anche se meno valoroso di Orlando, sarà più facile “liquidarlo” quando non le servirà più. Si rende così visibile a Sacripante ma la vedono anche Orlando e Ferraù.

I tre la seguono, ma quando arrivano nella selva Angelica si rende di nuovo invisibile.

Il Palazzo di Atlante: l’analisi

Angelica, oggetto del desiderio, è l’incarnazione del miraggio sempre sfuggente che si presenta dinanzi agli occhi degli uomini e suscita i loro vani desideri. È essa metafora del carattere ingannevole della realtà: a sottolinearlo il verbo «parere» che ritorna con insistenza.

Atlante è il patetico tentativo di sottrarre l’uomo al suo destino, tentativo inutile nonostante che si adoperino arti magiche e soprannaturali. Ma il palazzo di Atlante è anche un’allegoria del destino umano: gli uomini si affaticano inutilmente dietro alle loro passioni e ai loro desideri. A sottolineare il tema dell’inutile affanno delle ricerche, la frequenza di espressioni come «di qua, di là», «di su, di giù», «quinci, quindi».

L’oggetto di queste passioni è per di più un’illusione, cioè qualcosa che in realtà non esiste.

La realtà dunque non è che un gioco di apparenze ingannevoli. L’oggetto del desiderio è creazione soggettiva degli uomini e solo il desiderio e l’immaginazione conferiscono valore agli oggetti.

 

 

 

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