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John Keats poeta romantico inglese

John Keats nasce a Londra il 31 ottobre 1795 da famiglia povera. Quando sua madre muore di tisi nel 1810, la nonna lo affida a due tutori.

Studia alla scuola di Enfield del reverendo Clarke e inizia il suo apprendistato in medicina a Edmonton.

Grazie all’amico Charles Clarke, figlio del suo insegnante, entra nel circolo di Leigh Hunt, brillante saggista, amico di Percy Bysshe Shelley.

John Keats esordisce pubblicando una sua poesia sulla rivista di Hunt, l'”Examiner”.

Nel 1818 ha una fugace relazione con Isabella Jones, ma la sua vera passione amorosa sboccia l’anno successivo per Fanny Brawne.

Fra il 1818 e il 1819 Keats compone gran parte della sua poesia maggiore. Nel 1820 però la tisi, che nel frattempo gli ha ucciso il fratello, intacca gravemente il suo corpo.

Consigliato dai medici, parte per l’Italia, alla ricerca di un clima più mite, e si stabilisce a Roma, ospite dell’amico Shelley. Qui muore dopo pochi mesi, il 23 febbraio 1821. Shelley ne piange la morte nel poemetto Adonais.

John Keats è sepolto nel cimitero protestante di Roma. Su sua volontà la lapide non riporta il nome, ma un epitaffio da lui stesso voluto: “Qui giace un uomo il cui nome fu scritto sull’acqua”.

La sua casa in Piazza di Spagna si può visitare ancora oggi, perché è diventata un museo, la Keats-Shelley House.

John Keats poesie

Fra il 1818 e il 1820 si colloca il periodo più fervido della sua creazione: il poema Iperione, ispirato alla mitologia e precisamente alla sconfitta dei Titani, ma rimasto interrotto nelle due diverse versioni tentate dall’autore; La vigilia di sant’Agnese, che si rifà al tema epico medievale della passione che sfida ogni pericolo; la ballata La Belle Dame sans Merci [La bella dama senza pietà]; le grandi odi scritte nel maggio 1819 A un usignolo, Su un’urna greca, Sull’indolenza, Sulla malinconia e nell’autunno dello stesso anno All’autunno.

Nei componimenti del 1819 i temi predominanti sono quelli della caducità della vita e dell’eternità dell’arte e del loro rapporto.

La bellezza è fissata dall’arte in forme eterne, immodificabili, sottratte all’azione del tempo. A queste forme eterne si contrappone la vita reale dell’uomo segnata dal dolore, dal desiderio struggente di quell’eternità che è per lui irraggiungibile, dalla delusione.

Alla bellezza eterna e incorruttibile dell’arte si contrappone dunque la realtà umana, sottoposta all’azione del tempo, soggetta alla decadenza e alla vecchiaia. Ma nel succedersi delle generazioni umane, sempre dominate dall’affanno, l’arte continuerà a diffondere il suo messaggio: «la Bellezza è Verità […] la Verità è Bellezza».

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