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I Titani e la Titanomachia: mitologia greca

I Titani: i figli di Urano e Gea

I Titani sono i figli di Urano (il Cielo) e Gea (la Terra). Secondo Omero furono tre: Giapeto, Rea e Crono; Esiodo, invece, riferisce nella Teogonia che furono dodici: sei maschi (Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto, Crono) e sei femmine (Tea, Rea, Temi, Mnemosine, Febe e Teti).

Vennero poi, per estensione, chiamati Titani anche i loro discendenti, come Prometeo, Epimeteo, Atlante, che furono figli di Giapeto; Leto o Latona, che fu figlia di Ceo; Elio, Selene ed Eos, figli di Iperione, ecc.

Tutti i Titani erano dèi di alta statura e dotati di una forza prodigiosa.

Esiodo nella Teogonia racconta che Urano, dio del Cielo, amava Gea, dea della Terra, ma odiava i figli nati dalla loro unione. Appena nascevano li faceva precipitare nel mondo sotterraneo e ne gioiva immensamente.

Gea, soffriva per la sorte dei figli e, alla fine, per salvarli dalla crudeltà del padre, costruì una falce e li chiamò: «Figli miei e di un padre perverso, non volete punire vostro padre per la sua malvagità? È stato lui il primo a comportarsi in modo scellerato!».

Ma i figli tacevano inorriditi. Solo Crono, il più giovane, afferrò la falce dicendo: «Madre, io prometto di compiere l’opera. Non mi importa di nostro padre: hai ragione lui per primo ci ha trattato in modo scellerato».

Crono (il romano Saturno) si mise in agguato, attese il momento propizio e senza esitare recise a suo padre la virilità (vedi nota 1).
Tutti i figli di Urano e Gea poterono così uscire alla luce e Crono, il più astuto e il più audace, divenne il loro re.

Crono sposò Rea e ne ebbe parecchi figli: Hestia o Vesta, Demetra o Cerere, Hera o Giunone, Ade o Plutone, Poseidone o Nettuno, Zeus o Giove.
Su questo matrimonio pesava una profezia: uno dei figli nati dall’unione divina avrebbe tolto il trono al re. Così, ogni anno, alla nascita di un figlio, Crono obbligava Rea a portarglielo e lo inghiottiva, perché, come divinità, erano immortali e non poteva ucciderli.

Rea era disperata e così quando partorì Zeus, lo affidò alle cure delle ninfe e, invece del neonato, portò al marito una pietra avvolta in fasce, che Crono subito inghiottì.

Divenuto grande, Zeus decise di affrontare Crono; si recò allora dalla madre chiedendole di diventare il coppiere di Crono. Rea comprese che era il tempo della vendetta. Diede a Zeus un liquido che egli avrebbe dovuto mescolare alle bevande di Crono. Un’abbondante bevuta obbligò Crono a vomitare tutti i figli fino allora trangugiati; poi lo detronizzò e prese il suo posto di re degli dèi.

I Titani e la Titanomachia

I Titani erano contrari al nuovo dominio di Zeus: ne nacque una guerra che durò dieci anni, detta Titanomachia. Zeus si alleò con i Ciclopi e i Giganti dalle cento mani contro i Titani, i figli di Urano e Gea, e guidati da Atlante.

I Cicolpi fabbricarono per Zeus la folgore, per Ade l’elmo che rende invisibili, per Poseidone il tridente. La guerra divenne accanita e violenta. Alla fine, Zeus colpì Crono con la folgore e i Titani ribelli furono sconfitti. Zeus li punì duramente: Atlante venne condannato a reggere sulle spalle la volta del cielo; gli altri vennero gettati nel Tartaro (luogo di pena e di supplizio dell’Ade, distante dalla superficie terrestre quanto quest’ultima dista a sua volta dal cielo).
Le mogli dei Titani furono risparmiate per volontà di Rea.
Zeus, divenuto signore del cielo e della terra, riservò per sé questo dominio; diede a Poseidone il regno delle acque e a Ade il mondo sotterraneo. Da allora tutti rispettarono questa irrevocabile decisione.

nota 1 Dal membro di Urano caduto nella schiuma del mare nacque Afrodite (Venere presso i Romani) e dalle gocce di sangue ebbero origine le vendicatrici Erinni (Furie presso i Romani; dall’orrido aspetto, si lanciavano rapide all’inseguimento del criminale e lo perseguitavano con l’assillo di un rimorso senza fine, portandolo quasi alla follia), i dodici Giganti (esseri selvaggi, dall’aspetto enorme e pauroso, dai lunghi giavellotti e dalla forza infinita) e le ninfe Meliadi, protettrici dei frassini.

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