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Paradiso Canto 2. Riassunto e commento

Paradiso Canto 2 della Divina Commedia di Dante Alighieri. Riassunto e commento.

Argomento Canto 2 del Paradiso:

  • Ammonimento di Dante ai lettori (vv. 1-18)
  • Dante e Beatrice arrivano al cielo della Luna (vv. 19-45)
  • Teoria delle macchie lunari e delle influenze celesti (vv. 46-148)

Paradiso Canto 2: Ammonimento di Dante ai lettori (vv. 1-18)

Il Canto 2 del Paradiso si apre con un solenne ammonimento ai lettori. Dante li avverte della difficoltà dell’ultima parte del poema: non tutti potranno procedere nella lettura data la complessità raggiunta dalla sua poesia. Il poema nasce infatti dall’incontro tra sapienza, ispirazione divina e arte umana.

L’uomo può accedere in vita alla sapienza divina solo in forma imperfetta, perché è nei cieli che essa potrà essere posseduta pienamente.

Dante paragona la sua impresa poetica a quella degli Argonauti e se stesso a Giasone, che ne guidò la spedizione in Colchide per conquistare il vello d’oro. L’eroe greco dovette affrontare numerose prove prima di poter prendere il vello, tra cui quella di domare due buoi e arare con essi un campo. I suoi compagni si meravigliarono vedendo la sua forza nel superare le prove, così come chi seguirà Dante nel suo viaggio si stupirà del suo sforzo nel trattare una materia poetica sovrumana.

I versi di Dante non esprimono superbia, bensì l’ardente e religiosa consapevolezza di un’esperienza privilegiata.

Paradiso Canto 2: Dante e Beatrice arrivano al cielo della Luna (vv. 19-45)

L’uomo è stato creato da Dio col desiderio innato di tornare al cielo. È questo desiderio che ora spinge Dante in alto e velocemente verso i cieli del Paradiso.

Dante e Beatrice, forse nel tempo brevissimo che impiega una freccia a percorrere il suo moto verso il bersaglio, giungono nel primo cielo della Luna e si trovano come immersi in una nube «lucida spessa solida e pulita», simile a un diamante percosso dai raggi solari.

La Luna accoglie dentro di sé anche Dante, con tutta la sua natura corporea, senza perdere la propria compattezza, in violazione di quella legge fisica che afferma l’impenetrabilità dei corpi; ed è come quando un raggio luminoso penetra in una massa d’acqua senza dividersi o scomporsi.

Questo il ragionamento di Dante: se ci appare straordinario che un corpo penetri nell’altro senza separarlo, ciò dovrebbe aumentare il desiderio di comprendere il mistero dell’incarnazione di Cristo, fatto ancora più straordinario del primo. In realtà la prima questione (la penetrabilità dei corpi) discende dalla seconda (la coesistenza della natura umana con quella divina nella persona di Cristo). Il corpo umano assunto da Cristo divenne, infatti, dopo la resurrezione, capace di oltrepassare le porte chiuse del cenacolo e ascendere al cielo; allo stesso modo i corpi dei beati, le cui caratteristiche sono assunte qui anche da Dante, possono penetrare in altri corpi senza dividersi. Le verità alle quali l’uomo crede per fede, perché non sono comprensibili per la ragione umana, risulteranno evidenti, senza bisogno di dimostrazione, nei cieli.

Paradiso Canto 2: Teoria delle macchie lunari e delle influenze celesti (vv. 46-148)

Un sentimento di indicibile gratitudine avvolge l’animo del poeta e lo piega ad adorare la grazia di Dio, che l’ha fatto degno di un’esperienza così sublime. Ma subito subentra nella sua mente un dubbio: quale sia la causa e la natura delle macchie che si scorgono dalla Terra nella faccia visibile della Luna.

Dante espone la sua ipotesi: esse potrebbero dipendere da una maggiore o minore densità della materia di cui è composto il corpo celeste.

Beatrice confuta l’ipotesi di Dante. La sua risposta è una complessa teoria: le macchie non sono il risultato di una diversa densità della materia lunare, ma sono la conseguenza della più generale struttura dei cieli.

I cieli ricevono dall’Empireo una «virtù» che, in base al loro diverso grado di perfezione (dato anche dalla lontananza da Dio), si lega alla materia di cui ciascuno di essi è costituito rendendolo più o meno luminoso.

Le macchie lunari dipendono quindi dal fatto che la Luna è la più bassa, la meno perfetta e la meno luminosa delle sfere celesti.

 

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