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Servi della gleba, servi della terra: chi erano

I servi della gleba erano contadini (uomini e donne) che non potevano lasciare la terra (gleba in latino) sulla quale lavoravano perché erano considerati parte integrante del feudo, alla stregua dei terreni e del bestiame. Erano vincolati a vita e per via ereditaria.

Anche se la dottrina cristiana insisteva sull’uguaglianza di tutti gli esseri umani al cospetto di Dio, era diffusa la convinzione che il servo della gleba fosse comunque un individuo inferiore. Non sapeva né leggere né scrivere ed era bisognoso di una continua sorveglianza da parte di un potente signore.

Il signore poteva essere un nobile, un vescovo, oppure un istituto ecclesiastico, per esempio un monastero.

I servi della gleba avevano precisi obblighi nei confronti del loro signore:

  • dargli gran parte dei prodotti della terra;
  • pagare l’affitto;
  • prestare giornate di lavoro gratuite (le corvées);
  • risiedere nel luogo;
  • versare al signore diversi tributi in denaro, beni o servizi.

Avevano però anche alcuni diritti:

  • essere protetti da attacchi e scorrerie;
  • essere difesi nelle questioni legali che potevano sorgere con i contadini di altri signori;
  • avere la possibilità di andarsene pagando una tassa di riscatto.

La servitù della gleba, diffusa in età medievale, continuò a esistere in varie parti d’Europa fino al XIX secolo. Ad esempio, in Russia, solo nel 1861, lo zar Alessandro II abolì la servitù della gleba, “liberando” circa 20 milioni di contadini, su una popolazione totale di circa 60 milioni.

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