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Saccheggio di Roma nel 410 d.C

Il saccheggio di Roma nel 410 d.C. da parte dei Visigoti di Alarico.

Saccheggio Roma nel 410: contesto storico

Nel 395, alla morte dell’imperatore Teodosio I il Grande, l’impero fu diviso per volontà del sovrano, tra i suoi due figli: ad Arcadio (395-408) toccò l’Oriente, a Onorio (395-423) l’Occidente.

In considerazione della loro giovane età – il primo aveva diciotto anni, il secondo appena undici – Teodosio li aveva affidati al generale di origine vandala Stilicone.

L’autorità di quest’ultimo si esercitò in realtà soltanto su Onorio, perché Arcadio, sobillato dai funzionari orientali, manifestò subito di voler seguire una politica indipendente.

A Onorio, Stilicone si legò, poi, con vincoli di parentela dandogli in moglie, nel 398, la figlia Maria e in seguito, quando questa morì, l’altra figlia, Termanzia.

Si determinò così una situazione critica: Teodosio aveva pensato a un impero unitario, con la sola divisione delle sedi imperiali; il mondo romano si trovò invece spaccato e le sue due parti assunsero le caratteristiche di altrettanti imperi autonomi.

Stilicone e i Visigoti

Il problema fondamentale, in quel momento, era la difesa dell’impero dall’assalto dei «barbari». Stilicone si dedicò completamente a questo compito, e ottenne successi importanti: nel 402 sconfisse in due battaglie, a Pollenzo, presso Asti, e nei pressi di Verona, i Visigoti condotti da Alarico.

Fedele, però, alla sua politica moderata, non annientò il nemico e consentì ai Visigoti di rientrare nelle loro terre lungo il Danubio. Ciò avvenne perché Stilicone riteneva che essi potevano rappresentare in futuro una risorsa militare su cui contare per contrastare invasioni ancora più pericolose come quelle degli Unni, che si stavano progressivamente avvicinando da Oriente. Ma gli avversari di Stilicone lo accusarono di essere un traditore e di non aver voluto annientare i nemici unicamente perché era un barbaro come loro. L’accusa era pretestuosa ma molti la ritennero credibile.

Stilicone e gli Ostrogoti

Nel 405-406, la strada percorsa da Alarico venne ripercorsa da un esercito di Ostrogoti. Stilicone li fermò a Fiesole grazie all’intervento di truppe ausiliare Unne e Gote. 12.000 soldati dell’esercito ostrogoto furono arruolati nell’esercito romano, mentre il resto fu ridotto in schiavitù.

Lo sfondamento del confine del Reno

L’anno successivo, la più grande coalizione di popoli germanici mai formatasi sfondò il Reno. Molte popolazioni germaniche, tra cui i Vandali, i Burgundi e i Suebi, dilagarono in Gallia, raggiungendo, di lì a pochi anni, la Spagna.

Furono vere e proprie migrazioni di popoli, perché non comprendevano solo i guerrieri ma tutta la popolazione, con le proprie cose. A metterli in moto furono proprio gli Unni che premevano alle loro spalle.

La fine di Stilicone

Di fronte alla terribile minaccia che gravava sull’Occidente, sembrava naturale che la parte orientale dell’impero garantisse il suo prezioso sostegno. Ma non fu così. Intanto l’opinione pubblica pretendeva da Stilicone – sempre più solo e osteggiato – vittorie immediate e decisive. Anche la corte occidentale divenne allora favorevole a una politica di intransigenza verso i germani e nel 408 Stilicone venne ucciso con tutta la sua famiglia da una congiura.

Invasione dell’Italia e il Saccheggio di Roma nel 410

La fine di Stilicone e la politica di intransigenza intrapresa fecero precipitare i rapporti con i Visigoti, che calarono nuovamente in Italia, guidati da Alarico. Nel 408 strinsero d’assedio Roma. Dopo circa due anni di trattative, Alarico non ottennne il pagamento di alcun tributo da parte dell’imperatore Onorio e quindi diede ordine ai suoi soldati di penetrare in città. Era il 24 agosto del 410 d.C.: Roma fu sottoposta a un terribile saccheggio, che durò tre giorni.

Quali reazioni suscitò il Sacco di Roma del 410?

Anche se non era più la capitale dell’impero, Roma aveva un valore simbolico enorme. Il sacco di Roma 410 fu perciò uno shock terribile per tutto il mondo romano, anche perché erano circa otto secoli, dall’invasione dei galli sènoni guidati da Brenno nel 390 a.C., che Roma non veniva violata.

Per molti contemporanei il saccheggio di Roma del 410 fu una vera e propria “fine del mondo”, così come lo avevano conosciuto: «La luce del mondo si è spenta. L’impero romano è stato decapitato. La distruzione di una sola città ha distrutto il mondo» scrisse San Gerolamo (347-420) nelle sue “Epistole”, condannando Stilicone come un traditore per la sua politica di pacificazione con i germani: «E questo è accaduto non per colpa degli imperatori che sono religiosissimi, ma per la scellerataggine di un mezzo barbaro traditore il quale con le nostre risorse ha armato il nemico contro di noi».

Questo evento, che pure scosse profondamente le coscienze e diede la dimostrazione che neppure Roma poteva dirsi eterna, fu superato in gravità da un altro saccheggio, violentissimo e decisivo, quello del 455, quando i Vandali, guidati da Genserico, distrussero irrimediabilmente la città. Il Sacco di Roma del 455 ve lo raccontiamo qui.

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