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Battaglia del grano nel regime fascista

La battaglia del grano aveva come obiettivo la conquista dell’autosufficienza (autarchia) alimentare.

Mussolini lanciò la cosiddetta «battaglia del grano» nel 1925 con lo scopo di aumentare la produzione di cereali e far cessare le importazioni dall’estero.

Dei 75 milioni di quintali di frumento consumati annualmente dal popolo italiano, ben 25 milioni erano importati dall’estero, determinando un deficit della Bilancia commerciale davvero paradossale, se si considera che l’Italia era ancora un paese per lo più agricolo.

Si ampliò quindi la superficie coltivata a grano, sradicando frutteti, agrumeti, vigne, oliveti; migliorò la qualità dei semi; si introdussero concimi chimici e macchine agricole. Furono inoltre bonificate alcune aree paludose, in particolar modo nell’Agro Pontino (Lazio) e in Maremma (Toscana).

Nonostante tutti gli sforzi, compreso quello propagandistico (lo stesso Mussolini si faceva fotografare mentre seminava, trebbiava, conduceva trattori), però, i risultati furono piuttosto modesti.

Il suo principale effetto fu infatti quello di distruggere gran parte delle colture specializzate destinate all’esportazione. L’Italia, povera di  pianure, non era una “terra da grano”, e continuò a non esserlo.

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