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Bellum Iugurthinum di Sallustio – Riassunto e commento

Il Bellum Iugurthinum (La guerra giugurtina) è la seconda monografia storica di Sallustio, scritta nel 40 a.C., subito dopo De Catilinae coniuratione.

Il Bellum Iugurthinum è costituita da 114 capitoli; ha come argomento la guerra combattuta dai Romani in Africa, tra il 111 a.C. e il 106 a.C., contro Giugurta, re di Numidia, e portata a termine dal console romano Gaio Mario.

La struttura dell’opera alterna parti descrittive a lettere e discorsi in cui i personaggi esprimono direttamente il loro pensiero.

 

Riassunto del Bellum Iugurthinum

Dopo il proemio, la narrazione inizia con l’antefatto della vicenda (capp. 5-11). Il regno di Numidia è retto da Micipsa. Egli nomina suo nipote Giugurta coerede del regno, insieme con i due figli Aderbale e Iempsale. Alla morte del re scoppia la discordia tra i cugini. Giugurta fa uccidere a tradimento Iempsale e sconfigge Aderbale, che chiede aiuto ai Romani. Il senato però temporeggia, consentendo così a Giugurta di prendere la città di Cirta e di uccidere Aderbale, malgrado un’ambasceria di illustri romani lo abbia fortemente minacciato (capp. 12-26).

Per punire l’affronto, Roma invia in Africa un esercito. Giugurta, però, corrompe con l’oro il console romano Calpurnio Bestia e ottiene una pace favorevole.

Il sospetto accordo provoca grande agitazione a Roma; il tribuno della plebe Memmio mette sotto accusa l’intera aristocrazia con un violento discorso; chiede poi che il senato nomini una commissione d’inchiesta che accerti le responsabilità sulla disastrosa  condotta della guerra in Numidia (capp. 27-34).

Giugurta è invitato a recarsi a Roma, dietro promessa di incolumità; è intimato di rivelare in senato i nomi di quelli che ha corrotto. Giugurta però corrompe col denaro il tribuno Caio Bebio; quest’ultimo, avvalendosi del diritto di porre il veto a qualsiasi discussione o inchiesta, impedisce al re di parlare.

Ciò scatena la reazione del popolo, che chiede di continuare la guerra contro Giugurta. La guerra riprende ed ha un primo tragico epilogo con la resa del luogotenente Aulo e con l’umiliazione dell’esercito romano costretto a passare sotto il giogo (capp. 35-38).

Il senato affida allora il comando della guerra al console romano Cecilio Metello. Questi ottiene notevoli successi in Africa, ma non decisivi (capp. 39-76).

Gaio Mario, luogotenente di Metello, dopo lunghe insistenze, ottiene da lui il permesso di recarsi a Roma per presentare la candidatura al consolato. Eletto console per il 107, Gaio Mario riceve l’incarico di portare a termine la guerra contro Giugurta e modifica la composizione dell’esercito.

La guerra riprende con varie vicende e si conclude solo quando il re di Mauritania, Bocco, tradisce Giugurta, suo precedente alleato, e lo consegna ai Romani (capp. 77-114).

 

Bellum Iugurthinum: il commento e confronto con De Catilinae coniuratione

Il Bellum Iugurthinum presenta complessità e articolazione maggiori rispetto alla Congiura di Catilina. La narrazione è continuamente interrotta da varie digressioni: discorsi, lettere, ritratti di personaggi, descrizioni geografiche e racconti mitici.

Questi excursus precisano il carattere dei protagonisti e definiscono le idee politiche e i criteri seguiti dall’autore.

A questo proposito grande rilievo hanno i discorsi di Memmio (il tribuno che ha condotto a Roma Giugurta perché testimoni contro i senatori corrotti) e di Gaio Mario. Entrambi attaccano violentemente l’aristocrazia perché prolunga una guerra redditizia per le tasche dei senatori dissanguando però le casse dello Stato e il popolo.

In contrapposizione, Sallustio esalta i democratici, “uomini nuovi”; e il trionfo di Gaio Mario, il migliore dei populares, rappresenta per lo storico l’inizio di una possibile nuova era.

 

Confronto Catilina e Giugurta

Non si può abbandonare la trattazione del Bellum Iugurthinum senza accennare al ritratto di Giugurta. Come Catilina, anche Giugurta è un personaggio negativo, ma non è statico come Catilina che rimane sempre uguale a se stesso.

La natura di Giugurta, infatti, non è corrotta fin dall’inizio, ma lo diventa progressivamente. Tuttavia, Sallustio non ha comunque scusanti o attenuanti, né si sforza mai di illuminare la situazione dal punto di vista di Giugurta.

 

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