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Le Filippiche di Demostene

Le Filippiche di Demostene sono quattro vibranti orazioni nelle quali Demostene denunciò il pericolo mortale che Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno, rappresentava per la libertà dei Greci.

Agli occhi di Demostene, infatti, il re macedone non era che un barbaro infido, che proclamava di voler unire i Greci contro i Persiani avendo in realtà l’unico, vero scopo di sottomettere le poleis.

Le Filippiche di Demostene, ovvero le sue esortazioni alla resistenza contro Filippo, rimasero a lungo inascoltate. Già impegnata in continue contese con i suoi alleati della Lega delio-attica e alle prese con seri problemi economici, Atene, tenne infatti una condotta prudente, se non arrendevole.

La prima filippica di Demostene

La Prima Filippica (databile al 351 o 349 a.C.) è un energico ammonimento agli Ateniesi perché si scuotano dalla loro apatia e si rendano conto del grave pericolo insito nella politica del sovrano macedone.
Il primo dei più noti discorsi di Demostene non ebbe però il successo sperato; alle preoccupazioni dell’oratore, per il quale Filippo poteva essere ancora fermato, gli Ateniesi preferirono la politica pacifista di Eubulo.

La seconda filippica

La Seconda Filippica, del 344 a.C., è l’orazione nella quale Demostene accusa apertamente Filippo di Macedonia di aver violato a più riprese il trattato di pace (detto “di Filocrate” dal nome del negoziatore), rispondendo così implicitamente alle lamentele del re che si riteneva calunniato dagli Ateniesi.

L’oratore Demostene, ora uomo di punta dello schieramento favorevole alla guerra, replicò denunciando con veemenza l’indirizzo filospartano della città e la presenza di traditori filomacedoni in essa – chiara allusione a Eschine e a Filocrate –  responsabili del negativo andamento della politica interna ateniese.

La terza filippica

Nella Terza Filippica, del 341 a.C., Demostene sostiene che Atene ha il dovere di fermare i piani espansionistici del Macedone e di incitare le altre città ad unirsi con uomini e mezzi in questa lotta, o di combattere da sola, se le altre poleis intendono adattarsi alla schiavitù.

La Terza Filippica è unanimamente considerata il discorso più veemente di Demostene e il compendio delle sue idee politiche.

Essa è pervenuta in due redazioni di differente estensione. È questione non ancora completamente risolta l’attribuzione di entrambe all’oratore, anche se tale ipotesi sembra essere la più probabile.

Il tema è sempre lo stesso: fingendosi alleato, e senza mai dichiarare apertamente di essere in stato di guerra, Filippo con spudorati raggiri va progressivamente estendendo il suo dominio aproffitando dell’incomprensibile inerzia ateniese; egli – insiste l’oratore con estrema energia – è un barbaro, che rappresenta un pericolo mortale per la Grecia.

Alla Terza Filippica fece seguito un’intensa attività diplomatica dell’oratore, che riuscì a sottrarre alcune città all’alleanza con Filippo e a unirne molte altre in una lega guidata da Atene.

La quarta filippica

Di Demostene è stata tramandata anche una Quarta Filippica. La critica però quasi concordemente la considera un insieme di brani di Demostene abilmente “cuciti” insieme da un editore di epoca successiva.

Demostene, con le sue filippiche, non riuscì a ottenere alcun risultato positivo. Sopravvisse a Filippo e anche a suo figlio Alessandro Magno, ma nel 322 a.C., quando, durante i conflitti tra i successori di Alessandro, seppe di essere ricercato da sicari macedoni, scelse di uccidersi.

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