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Giovanni Calvino e la Riforma Calvinista

Giovanni Calvino (in francese Jean Cauvin) nacque a Noyon, in Piccardia, il 10 luglio 1509. Studiò a Parigi e in altre città lettere e giurisprudenza, conseguendo la licenza in diritto. Ripresi gli studi umanistici si avvicinò alle posizioni dell’Umanesimo biblico riformatore, non fece mai studi regolari di teologia, la sua formazione teologica fu da autodidatta.

Aderì alla Riforma luterana probabilmente nel 1533, dopo aver letto gli scritti di Lutero e trasportato dal desiderio di un ritorno alla Chiesa antica.
Lasciata la Francia a causa delle persecuzioni, si rifugiò a Basilea. Qui, nel 1536 pubblicò la prima edizione della sua opera fondamentale la Institutio Christianae religionis [Fondamenti della religione cristiana, 1536].
Dopo un breve soggiorno a Ferrara, in Italia, (23 marzo – 14 aprile) presso la duchessa Renata di Francia, che, sensibile all’ideale evangelico, lo aveva accolto con favore, Giovanni Calvino si recò a Ginevra, cedendo alle insistenze di Guglielmo Farel, un riformatore che aveva intuito le eccezionali potenzialità di quel giovane. I rapporti di Calvino con la città non furono però facili e il 26 maggio 1538 la città di Ginevra, esasperata, scacciò Giovanni Calvino.
Dopo la breve parentesi dell’esilio a Strasburgo (1538-1541), nel settembre 1541 Giovanni Calvino ritornò a Ginevra e, dopo decenni di attività instancabile, di contrasti, di fallimenti e di successi, riuscì a fare di quel piccolo centro di 13.000 abitanti una specie di Stato-Chiesa, improntata ai princìpi di un severo rigorismo morale.

La dottrina calvinista

La dottrina di Giovanni Calvino porta alle estreme conseguenze quella di Martin Lutero, particolarmente per quanto riguarda la predestinazione: l’uomo non può fare nulla per la propria salvezza, perché solo la Grazia di Dio può salvarlo; la Grazia è concessa da Dio prima della nascita solo ad alcuni individui “predestinati”; gli altri qualunque sforzo facciano ne sono irrimediabilmente esclusi.

Giovanni Calvino incitò quindi i suoi seguaci a scoprire a quale delle due categorie facevano parte, aggiungendo che i segni della Grazia divina si manifestano spesso nei fatti concreti della vita quotidiana, quindi nel dovere compiuto, nel lavoro ben eseguito nei campi o nelle botteghe e anche nei successi finanziari in attività come quelle del mercante e del banchiere.

Secondo Max Weber (1864-1920), fondatore della sociologia, il calvinismo contribuì allo sviluppo economico che nei secoli successivi caratterizzò numerosi Paesi protestanti, in contrasto con le difficoltà di quelli cattolici.

Per dare vita a questa comunità ideale e fare in modo che i fedeli operassero, come si erano impegnati a fare, Giovanni Calvino ricorse ampiamente agli strumenti della politica per attuare il controllo della religione e della morale.

Pertanto, sulla condotta dei cittadini, sulle questioni dottrinali, sulla disciplina ecclesiastica vigilava un apposito organismo, il Concistoro, composto da dodici laici (gli anziani o presbiteri) e da alcuni pastori (da cinque a dieci).
Furono istituiti i diaconi, con compiti amministrativi e di cura per i poveri; e i dottori, con il compito di insegnare nelle scuole e di formare i pastori.
La vita pubblica e privata dei ginevrini fu spazzata via: furono vietati i giochi d’azzardo, gli spettacoli, il lusso, furono chiuse le taverne. Chi non si atteneva a questa ferrea disciplina doveva essere sottoposto ad ammende e punizioni anche molto severe, compreso il rogo.

Fece scalpore la tortura e l’uccisione sul rogo, come eretico, dello spagnolo Michele Serveto (1511-1553), uno dei più grandi uomini di cultura del tempo e figura di primissimo piano nella storia della scienza moderna (fu scopritore, tra l’altro, della circolazione polmonare del sangue). Già nel corso di uno scambio epistolare, Serveto aveva scandalizzato Calvino proponendogli la posizione antitrinitaria (che fu elaborata nel trattato De Trinitatis erroribus). L’offesa alla trinità era considerata, anche dai protestanti, uno dei delitti più gravi di cui potesse macchiarsi un cristiano. Michele Serveto andò oltre. Si recò personalmente a Ginevra per discutere le sue idee e i ginevrini non lo lasciarono ripartire vivo: fu arso sul rogo il 27 ottobre 1553.

Giovanni Calvino continuò a esercitare un notevole influsso sulla città di Ginevra sino alla morte, avvenuta il 27 maggio 1564, erigendola a baluardo del protestantesimo riformato e facendone uno dei più grandi centri della cristianità.

Questo argomento è tratto da Riassunti di Storia – Volume 6 di Studia Rapido. L’Ebook è in vendita su Apple Store, Amazon Kindle e Google Books

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