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La Società delle Nazioni: cos’è e perché fallì

La Società delle Nazioni fu istituita nell’ambito della Conferenza di Pace di Parigi (1919) ed entrò in vigore il 10 gennaio 1920 con lo scopo di mantenere la pace tra gli Stati.

Ne facevano parte inizialmente tutti gli Stati vincitori della Prima guerra mondiale, tranne gli Stati Uniti sebbene la sua istituzione era stata proposta dal presidente americano Thomas Woodrow Wilson nei suoi «quattordici punti»: non vi aderirono per il loro tradizionale “isolazionismo”, ossia il rifiuto delle responsabilità mondiali e il ritorno a una sfera di interessi continentali.

La Società delle Nazioni prevedeva nel suo statuto:

  • la rinuncia da parte degli Stati membri alla guerra come strumento di soluzione dei contrasti;
  • il ricorso all’arbitrato;
  • l’adozione di sanzioni economiche nei confronti degli Stati aggressori.

In un secondo tempo aderirono la Germania (1926) e l’Urss (1934). La Germania si distaccò nel 1933, anno in cui si ritirò anche il Giappone. L’Italia lasciò l’organizzazione nel 1937.

La Società delle Nazioni finì con l’essere egemonizzata da Gran Bretagna e Francia e non fu in grado di prevenire alcuna delle crisi internazionali che costellarono gli anni fra le due guerre mondiali (per un approfondimento leggi Tra le due guerre: storia e politica).

La Società fu dichiarata estinta il 19 aprile 1946 all’indomani del fallimento rappresentato dalla Seconda guerra mondiale e alla nascita, nel 1945, delle Nazioni Unite.

 

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