Promessi Sposi capitolo 35 Riassunto

Promessi Sposi capitolo 35 Riassunto dettagliato, analisi  e commento degli avvenimenti, luoghi e personaggi del celebre romanzo di Alessandro Manzoni

Promessi Sposi capitolo 35 Riassunto: Descrizione del lazzaretto e i sentimenti che animano Renzo

Il lazzaretto, popolato da sedicimila appestati, appare a Renzo come un’immagine, a dir poco, infernale: «due interminate fughe di portici, a destra e a sinistra, piene, gremite di languenti o di cadaveri confusi, sopra sacconi, o sulla paglia; e su tutto quel quasi immenso covile, un brulichio, come un ondeggiamento; e qua e là, un andare e venire, un fermarsi, un correre, un chinarsi, un alzarsi, di convalescenti, di frenetici, di serventi».

Lo spazio centrale è interamente occupato da capanne che ospitano la popolazione non contenibile nelle stanzette sotto i porticati. I monatti (che hanno perso ogni senso di pietà) e i Capuccini (spinti, invece, da una «pietà sovrumana») si mescolano a deliranti e moribondi.

La natura contribuisce ad aumentare lo spasimo dei malati; il cielo plumbeo, paralizzato dall’afa, incapace di portare pioggia, ma anche di sgombrarsi dalla nebbia, grava pesantemente sul lazzaretto, come una soffocante cappa di dolore («la nebbia s’era a poco a poco addensata e accavvallata in nuvoloni che, rabbuiandosi sempre più, davano l’idea d’un annottar tempestoso; se non che, verso il mezzo di quel cielo cupo e abbassato, traspariva, come da un fitto velo, la sfera del sole, pallida, che spargeva intorno a sé un barlume fioco e sfumato, e pioveva un calore morto e pesante»).

L’afa e il nebbione estivo, che arriva ad oscurare il sole, sottolinea la disperazione che aleggia sul lazzaretto ed esprime quella sensazione di inesorabile condanna, calata su uomini e cose.

La rondine è l’unico segno di vita in mezzo a tanto languore, ma costituisce un’immagine penosissima perché sembra, col suo rapido fuggire, quasi suggerire lo svanire stesso di ogni speranza («non si vedeva, nelle campagne d’intorno, moversi un ramo d’albero, né un uccello andarvisi a posare, o staccarsene: solo la rondine, comparendo subitamente di sopra il tetto del recinto, sdrucciolava in giù con l’ali tese, come per rasentare il terreno del campo; ma sbigottita da quel brulichio, risaliva rapidamente, e fuggiva»).

Di fronte a tutto questo, Renzo si sente sopraffatto dalla commozione e dalla compassione sincera: «si vedevan centinaia peggiorar precipitosamente;… né forse su quel luogo di miserie era ancor passata un’ora crudele al par di questa».

Nel suo andirivieni Renzo giunge ad uno steccato, guarda attraverso una fessura e vede il luogo in cui sono raccolti i neonati. Molte donne, spinte dalla carità e dall’amore, si affaccendano intorno a loro: donne anziane che, non più in grado di allattare, svolgono altre mansioni; altre, invece, fungono da balie e tra queste, ad attirare lo sguardo commosso di Renzo, c’è n’è una che, mentre allatta un bambino non suo, volge gli occhi al cielo, probabilmente pensando al suo bambino, che, poco prima, era morto attaccato al suo seno. Le balie sono aiutate da capre, che allattano i bambini con l’atteggiamento consapevole di un essere umano.

A fatica Renzo si stacca da quelle immagini dolcissime di carità e di speranza. E’ una scena molto commovente, non meno dell’episodio di Cecilia nel capitolo precedente, che induce a riflettere come, pur nel colmo della disperazione, l’attaccamento umano alla vita sia sempre più forte della morte.

Promessi Sposi capitolo 35 Riassunto: Renzo ritrova fra Cristoforo, che, sebbene contagiato, è intento a curare gli appestati

Renzo riprende a girare, all’improvviso «un’apparizione repentina, passeggiera, istantanea, gli ferì lo sguardo, e gli mise l’animo sottosopra». Tuttavia, la figura scompare subito nell’intrico di viuzze tra capanna e capanna. Affannosamente Renzo si mette sulle tracce, finché non rivede padre Cristoforo, intento a consumare un rapido pasto sull’uscio di una capanna.

Da Rimini padre Cristoforo ha chiesto di essere trasferito a Milano per «dar la sua vita al prossimo», realizzando così il suo più profondo desiderio. Da tre mesi si prodiga per gli appestati, ma è sfinito, malato, quasi irriconoscibile, con l’andatura affaticata, il portamento curvo, il viso affilato e pallido: lo sorregge una sovrumana forza di volontà.

Appena il frate si accorge di Renzo si alza in piedi per lo stupore: anche la sua voce è flebile e cupa, una voce da malato. «L’occhio soltanto era quello di prima, e un non so che più vivo e più splendido», come se il fuoco di carità che gli arde nell’anima gli infonda una lucentezza, una purezza, una gioia ineffabile.

Si direbbe che il disfacimento fisico liberi quanto di sublime è racchiuso nell’anima, sprigionando una forza e una carità potenziata. La sua volontà di sacrificio è sublimata dalla lieta consapevolezza di essere arrivato, finalmente, al traguardo: lui, che ha tolto la vita ad un uomo, può finalmente restituire la sua all’umanità tutta.

Renzo spiega al Capuccino la sua presenza al lazzaretto alla ricerca di Lucia, che ancora non è sua moglie. Quanto a lui, garantisce al padre, sommariamente informato delle sue peripezie, di avere solamente commesso stupidaggini, a Milano, venti mesi prima, ma nulla di male e mentre il buon frate gli offre un po’ di cibo in una scodella, il giovane gli racconta del rapimento di Lucia, della sua liberazione e dell’ospitalità di donna Prassede, concludendo con la preghiera di indicargli il settore del lazzaretto dove sono ricoverate le donne. Non fa cenno del voto.

Padre Cristoforo, incerto se dare l’informazione a Renzo, poiché la regola del luogo impedirebbe l’ingresso in quella parte, cede tuttavia alle giuste obiezioni del giovane: «ma padre Cristoforo! – disse Renzo – Lucia doveva esser mia moglie; lei sa come siamo stati separati; son venti mesi che patisco e ho pazienza; son venuto fin qui, a rischio di tante cose, l’una peggio dell’altra, e ora…».

Il padre consiglia allora a Renzo di recarsi al centro del lazzaretto, presso la chiesa ottagonale dove, al terzo rintocco della campana, dovranno raggrupparsi i pochi guariti che padre Felice porta altrove a fare la quarantena, forse Lucia si trova fra quei fortunati: «cercala lì, cercala con fiducia e… con rassegnazione», lo invita il frate, quasi preparandolo ad una delusione, poiché Renzo sta chiedendo al Signore «una persona viva al lazzaretto».

Renzo, però, non ha alcuna intenzione di rassegnarsi, ben deciso, se non troverà Lucia, a vendicarsi: in tanti mesi l’odio verso don Rodrigo non s’è placato; questo suo sentimento nasce dall’amarezza della sua sorte e dall’incertezza per quella di Lucia, piuttosto che da malvagità o malanimo.

Promessi Sposi capitolo 35 Riassunto: Il frate richiama Renzo al valore del perdono e lo conduce da don Rodrigo morente. Renzo perdona don Rodrigo

Frate Cristoforo rimprovera Renzo severamente per questi sentimenti, affermando che i torti patiti non lo autorizzano a distruggere un uomo fatto pur sempre a immagine e somiglianza di Dio e gli ricorda che solo Dio è giudice degli uomini. Lo mette in guardia: con l’odio allontana da sé ogni benedizione; lui stesso ha fatto l’esperienza di uccidere e dopo trent’anni non sa ancora perdonarsi.

Queste parole, pronunciate con tanta emozionata convinzione, toccano Renzo nel profondo, che sbotta: «capisco che ho parlato da bestia, e non da cristiano» e si dichiara a perdonare subito e di cuore. Allora il Capuccino «con un misto di gravità e tenerezza» lo conduce in una capanna dove giace, gravissimo e privo di conoscenza, don Rodrigo. Commenta padre Cristoforo: «può essere castigo, può esser misericordia», ovvero: all’uomo non è dato sapere se una così orribile morte sia castigo divino o un mezzo che Dio offre per espiare il male commesso, ma comunque sia l’uomo deve sempre saper contrapporre all’odio il perdono. E così, padre Cristoforo invita Renzo a pregare con lui per quell’anima.

Mentre sono raccolti in preghiera suona la campana che chiama i convalescenti a raccolta; padre Cristoforo si congeda dal giovane raccomandandogli di saper accettare la volontà di Dio e si allontana, mentre Renzo si avvia alla cappella.

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