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Superuomo di Nietzsche: lo Übermensch

Il superuomo di Nietzsche (Übermensch) è il motivo più noto della filosofia.

E’ un concetto filosofico affrontato nell’opera Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno (1883-1885). E’ l’opera che apre la terza fase della filosofia di Nietzsche, quella del meriggio: matura la consapevolezza che con l’eliminazione del mondo vero è stato tolto di mezzo anche il mondo apparente, cioè ogni scissione dialettica della realtà; una concezione, quest’ultima, di origine platonica, secondo cui il mondo reale altro non è che la copia brutta di un mondo vero, metafisico, immutabile e perfetto.

Dal punto di vista stilistico, c’è l’abbandono dell’aforisma; così Nietzsche costruisce un poema in prosa, dal carattere biblico, dal tono profetico, ricco di immagini e parabole.

Zarathustra, o Zoroastro, è il profeta persiano, vissuto probabilmente tra il 1000 e il 600 a.C, fondatore dello Zoroastrismo. Zarathustra è il primo che ha tradotto la morale in termini metafisici e il primo ad accorgersi di questo errore fatale. Ed ecco che scende dalla montagna, dove si era ritirato per dieci anni all’età di trent’anni, per tramontare e permettere all’homo novus di affermarsi. Così si legge nella prefazione in merito al tramonto di Zarathustra e del suo annuncio, l’annuncio della morte di Dio e l’avvento del superuomo, in virtù del suo amore per gli uomini.

Zarathustra si reca nelle prime città, dove il popolo è radunato attorno a un funambolo e annuncia: «io vi insegno il superuomo». Finora gli uomini hanno sempre creato qualcosa al di sopra di loro stessi, mentre ora l’uomo sembra voler tornare indietro. La scimmia per l’uomo è oggetto di risa e dolorosa vergogna e questo deve essere l’uomo per il superuomo: il superuomo di Nietzsche è un nuovo tipo di uomo, non è un uomo potenziato come lo interpreterà D’Annunzio (leggi Superuomo di D’Annunzio tra estetismo e nazionalismo), non è un uomo evoluto in senso darwiniano, ma è l’uomo che va oltre se stesso, crea nuovi valori e si rapporta in modo nuovo con la realtà (come sottolinea il filosofo contemporaneo Vattimo). Il superuomo di Nietzsche ancora non è giunto, anche il saggio è un ibrido tra pianta e fantasma, ed è irriducibile a qualsiasi personaggio del passato.

Il superuomo è il senso della terra […] restate fedeli alla terra e non prestate fede a coloro che vi parlano di speranze ultraterrene.

Il superuomo di Nietzsche, annunciato da Zarathustra, è contro ogni forma di ascetismo che mortifica il corpo, la vita per esaltare l’anima e la vita ultraterrena. Il superuomo sostiene l’accettazione totale della vita: «un tempo l’anima guardava con disprezzo al corpo»; se il bambino afferma: «io sono anima e corpo», l’uomo desto, cosciente sostiene: «io sono corpo in tutto e per tutto e l’anima non è altro che una parola per indicare qualcosa del corpo». Il corpo non è la tomba dell’anima, ma è un modo d’essere concreto dell’uomo.

In verità l’uomo è sporca corrente. Bisogna essere mare per poter accogliere una sporca corrente senza diventare impuri.

Il superuomo di Nietzsche non si lascia contaminare dal disprezzo della vita, ma la accetta in tutte le sue forme.

Nel discorso intitolato Delle tre metamorfosi, Nietzsche, presenta il superuomo come una libertà che libera se stessa. Tre sono le metamorfosi dello spirito: lo spirito diventa cammello, il cammello leone, il leone fanciullo. Il cammello è l’uomo che porta i pesi della tradizione all’insegna del tu devi; il leone è l’uomo che si libera dai fardelli metafisici ed etici all’insegna dell’io voglio, nell’ambito di una libertà ancora negativa, libertà «da» e non libertà «di»; il fanciullo è l’oltreuomo, quella creatura di stampo dionisiaco, capace di dire sì alla vita e inventare se stessa al di là del bene e del male, in quanto spirito libero.

Nella terza parte di Così parlò Zarathustra, Nietzsche presenta la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale. Zarathustra, «l’avvocato del dolore, l’avvocato del circolo» lo presenta come «il più abissale dei miei pensieri»: tutte le realtà e gli eventi del mondo sono destinati a riproporsi in modo identico infinite volte.
In Ecce homo si legge che durante una passeggiata a Sils Maria, lungo il lago di Silvapana, rimase folgorato da questa idea.
La prima formulazione la si ritrova nell’aforisma 341 della Gaia scienza:

Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibile piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te e tutte nella stessa sequenza e successione […]

Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato?

La reazione dell’uomo sarebbe quella, ma il superuomo di Nietzsche non proverebbe alcun terrore, perché in grado di accettare la vita in tutto e per tutto.

In Così parlò Zarathustra, si legge, invece, il discorso intitolato La visione e l’enigma: Zarathustra narra di una salita su un impervio sentiero di montagna (simbolo del faticoso sopraggiungere del pensiero) in compagnia di un nano; giungono di fronte a una porta maestra sulla quale è iscritta la parola attimo, che si apre su due sentieri «che nessuno ha percorso sino alla fine» in quanto si perdono nell’eternità: uno porta all’indietro e rappresenta il passato, l’altro in avanti e rappresenta il futuro. Zarathustra chiede al nano se le due vie siano destinate a contraddirsi in eterno o meno. Alla risposta un po’ affrettata del nano, che allude alla circolarità del tempo, Zarathustra ammonisce il nano di non prendere le cose troppo alla leggera e abbozza: «non dobbiamo tutti esserci stati un’altra volta?», «non dobbiamo tornare in eterno?». Ma a questo punto la scena cambia bruscamente, una sorta della visione nella visione, un paesaggio lunare e un giovane pastore che rotola, soffocato da un serpente nero. Zarathustra tenta di aiutare il pastore, tirando con forza il serpente, ma quello non riusciva a liberarsi. Zarathustra gridava: «Mordi! Mordi! Staccagli il capo!». Il pastore finalmente morde.

Non più pastore, non più uomo – un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!

L’uomo (il pastore) può trasformarsi in creatura superiore e ridente (il superuomo) solo a patto di vincere la ripugnanza soffocante del pensiero dell’eterno ritorno (il serpente, emblema del circolo) e di prendere una decisione coraggiosa nei suoi confronti (il morso alla testa del serpente).

Nietzsche recupera una concezione precristiana del mondo, la quale presuppone una visione ciclica del tempo, opposta a quella rettilinea di tipo cristiano-moderno.

Credere nell’eterno ritorno dell’uguale significa ritenere che il senso dell’essere sia nell’essere stesso, significa vivere la vita come coincidenza di essere e di senso.

L’uomo capace di credere nell’eterno ritorno, è il superuomo in grado di vivere la vita come un gioco creativo e avente in sé il proprio senso appagante.

Il popolo a cui Zarathustra si rivolge, però, ride di lui; allora, Zarathustra si rivolge al loro orgoglio e presenta la figura dell’ultimo uomo: il nichilista passivo che abbandona le regioni della terra dove la vita è ardua, non agisce, non si schiera, troppo molesto sia per governare che per obbedire.

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