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Civiltà nuragica in Sardegna: origini e caratteristiche

La civiltà nuragica si sviluppò in Sardegna dal II millennio a.C. e poi scomparve con l’affermazione dell’egemonia cartaginese e in seguito di quella romana.

La civiltà nuragica prende il nome dai nuraghi, parola che a sua volta viene da nurra, che in dialetto nuorese indica “un mucchio di pietre”. E i nuraghi, infatti, sono costruzioni fatte con grossi blocchi di pietra.

Nella loro forma più semplice, i nuraghi sono torri a forma di cono tagliato, alte mediamente 10 metri e larghe altrettanto, costruite con pietre squadrate disposte a secco in strati orizzontali paralleli.

Al suo interno un nuraghe a torre poteva ospitare più ambienti, disposti su due o anche tre piani.

Si pensa che la loro funzione fosse difensiva: dapprima probabilmente torri di guardia, poi vere e proprie case-fortezze.

Fra i 7000 nuraghi disseminati in tutta la Sardegna alcuni formano dei veri e propri villaggi fortificati, composti da un insieme di torri vicine, o raggruppate intorno a una principale, e circondate da una cinta muraria, al di fuori della quale sorgeva un villaggio di capanne.

La civiltà nuragica era dominata da un’aristocrazia guerriera suddivisa in clan. Ciascun clan controllava un territorio e offriva difesa ai propri contadini e pastori in caso di conflitti.

Questo popolo praticava la pastorizia, l’agricoltura, il commercio con altri popoli (Fenici, Etruschi, Cartaginesi). Praticava l’artigianato, in particolare era molto abile a forgiare statue in bronzo raffiguranti guerrieri.

La civiltà nuragica era politeista: il popolo venerava elementi della natura e seppelliva i defunti in grandi tombe di pietra assieme al corredo funebre.

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