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Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza

Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza. Questo l’interrogativo che Alessandro Manzoni, ne Il cinque maggio, pochi giorni dopo la morte di Napoleone Bonaparte, si poneva a proposito delle imprese grandiose dell’imperatore francese.

Già i suoi contemporanei, quindi, si chiedevano come valutare una figura che aveva cambiato il volto dell’Europa e della Francia. Ed è un interrogativo che ancora oggi gli storici si pongono.

L’opera e l’eredità di Napoleone vanno ben al di là delle sue imprese militari, segnando profondamente la storia successiva.

Innanzitutto Napoleone contribuì a diffondere in tutta l’Europa conquistata i principi di libertà e di uguaglianza della Rivoluzione francese. Lo fece in modo contraddittorio, e commettendo molti abusi, ma lo fece.

In tutti i Paesi da lui occupati impose il Codice civile napoleonico, emanato in Francia nel 1804 e poi diffuso in gran parte d’Europa (Germania, Spagna, Polonia, Olanda, Stati italiani): costituì la base dell’organizzazione giuridica moderna. Si trattava di un complesso di leggi che tutelava i valori più cari alla borghesia: la libertà individuale; la libertà di coscienza; la libertà d’impresa; l’uguaglianza davanti alla legge; la proprietà privata. La nobiltà perse perciò i suoi privilegi e la borghesia poté partecipare al potere.

Sotto Napoleone furono introdotte numerose leggi che tendevano a favorire lo sviluppo economico, come il codice di commercio (1807) e la legge sulle concessioni minerarie (1810).

Napoleone eliminò poi i vecchi privilegi feudali e introdusse un nuovo sistema di tassazione che colpiva tutte le fonti del reddito, anche quelle che derivavano dal possesso di terre: in questo modo si costringeva i nobili proprietari terrieri a pagare le tasse.

Creò inoltre un efficiente apparato amministrativo centralizzato, prima in Francia, poi in diversi altri Paesi europei. Divise l’intero territorio francese in 80 dipartimenti, ciascuno posto sotto il controllo di un funzionario nominato dal governo: il prefetto.

Istituì il Liceo, una nuova scuola destinata ai figli della borghesia (trascurò invece l’istruzione popolare).

Per favorire la borghesia e potenziare l’economia nazionale, eliminò le barriere doganali tra Paese e Paese: gli scambi commerciali erano così più rapidi e meno costosi; potenziò la flotta; riprese il controllo delle colonie, abbandonate durante la Rivoluzione francese; favorì lo sviluppo dell’industria siderurgica.

Istituì una nuova moneta, il franco, e una Banca nazionale, la Banca di Francia.

Le sue riforme divennero un modello da imitare in molti Stati europei. Per fare un solo esempio, quando l’Italia riuscì a unificarsi nel 1861, il Parlamento introdusse un sistema amministrativo basato sui prefetti, un Codice civile e un liceo ispirati al modello napoleonico.

Di contro però c’è da dire che Napoleone governò come un monarca assoluto, soffocò la libertà di stampa, imprigionò gli oppositori.

Con il blocco continentale limitò anche la libertà di commercio. L’Europa aveva bisogno di cotone, tabacco, zucchero, té, caffé, cacao, e solo l’Inghilterra, padrona del mare, poteva fornirli. Con il blocco, tutti questi prodotti non arrivarono più. Napoleone cercò di incoraggiare la produzione di surrogati, come lo zucchero di barbabietola o il caffé di cicoria, ma con scarso successo. Molti mercanti allora, per poter avere i prodotti britannici e rivenderli a caro prezzo, non esitarono a favorire il contrabbando inglese.

Anche tra il popolo cresceva il malcontento per le tasse, sempre più pesanti, e per la leva militare obbligatoria.

Napoleone introdusse la figura del garzone, che consentiva agli imprenditori di sfruttare il lavoro dei giovani pagandoli pochissimo. Vietò tutte le organizzazioni di braccianti e lavoranti per evitare che si accordassero per effettuare proteste e rivolte.

Molto forte era poi l’opposizione di tanti cattolici. L’imperatore era convinto che la Chiesa dovesse essere sottoposta all’autorità dell’impero. Nel 1809 decise di annettere lo Stato pontificio e il papa Pio VII (Pio settimo) reagì scomunicandolo. Napoleone per tutta risposta lo fece arrestare e deportare in Francia.

Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.

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