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L’Italia nella crisi di fine secolo, 1896-1901

L’Italia nella crisi di fine secolo, 1896-1901: riassunto di Storia scorrevole e schematico.

Perché si parla di crisi di fine secolo?

Si parla di crisi di fine secolo (crisi fine 800) perché negli ultimi cinque anni del Secondo Ottocento, l’Italia fu teatro di un’acuta e sanguinosa crisi politico-istituzionale.

Governo Di Rudinì

Nel marzo 1896, Antonio di Rudinì, dopo le dimissioni di Francesco Crispi, tornò nuovamente alla guida del Governo.
Di Rudinì, conclusa in tutta fretta una pace con l’Etiopia (per un approfondimento leggi Il Regno d’Italia governato dalla Destra e dalla Sinistra storica), cercò di normalizzare la situazione anche all’interno del Paese gravato da una situazione difficile e da un quadro sociale estremamente instabile. Le forze di orientamento socialista e anarchico conquistavano infatti sempre maggiore influenza sulle masse diseredate e anche i cattolici si affacciavano sulla scena politica, specie nelle campagne e in funzione antisocialista.

La tensione esplose nella primavera del 1898, quando un improvviso aumento del prezzo del pane (provocato da un cattivo raccolto e dal contemporaneo blocco delle importazioni di cereali dagli Stati Uniti in seguito alla guerra di Cuba) fece scoppiare in tutto il Paese una serie di manifestazioni popolari. La risposta del Governo fu durissima: prima massicci interventi delle forze di polizia, poi proclamazione dello stato d’assedio, con conseguente passaggio dei poteri alle autorità militari, a Milano, a Napoli e nell’intera Toscana.

Eccidio a Milano ad opera del generale Bava Beccaris

La repressione raggiunse il culmine nelle giornate dell’8 e 9 maggio 1898, quando il generale Bava Beccaris fece aprire il fuoco sulla folla inerme provocando circa cento morti e più di cinquecento feriti. Capi socialisti, radicali e repubblicani furono arrestati e condannati a pene severissime (Turati, Bissolati e il cattolico Don Albertario furono tra gli arrestati). Dal suo canto il generale Bava Beccaris veniva insignito della croce di Grand’Ufficiale dell’Ordine di Savoia. Di Rudinì, travolto dalle critiche fu costretto a dimettersi. Lo sostituì il generale piemontese Luigi Pelloux (giugno 1898-giugno 1900).

Governo Pelloux

Luigi Pelloux nel 1899 presentò alcuni progetti di legge che limitavano il diritto di sciopero e le libertà di stampa e di associazione. I gruppi di estrema sinistra (socialisti, repubblicani, radicali) risposero mettendo in atto la tecnica dell’ostruzionismo consistente nel ricorso a tutte le procedure per allungare la discussione ed evitare di giungere all’approvazione del provvedimento. La lotta ostruzionistica si protrasse per quasi un anno con fasi altamente drammatiche: dibattiti accesissimi, interventi-fiume, veri e propri scontri fisici tra i deputati. Pelloux decise infine di sciogliere la Camera. Ma dopo il risultato sfavorevole delle elezioni del giugno 1900, in cui le opposizioni guadagnarono seggi a scapito della maggioranza, decise di dimettersi.

Governo Saracco

Dimesso Pelloux, Umberto I affidò il Governo al senatore moderato Giuseppe Saracco (giugno 1900-febbraio 1901). Il periodo del suo mandato fu funestato dall’assassinio del re Umberto I (29 luglio 1900) per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, venuto appositamente dagli Stati Uniti per vendicare le vittime del 1898.
Giuseppe Saracco fu costretto a dimettersi per il comportamento incerto e contraddittorio tenuto in occasione di un grande sciopero generale indetto dai lavoratori portuali genovesi.

Governo Zanardelli (1901-1903) e Governo Giolitti

Il nuovo re Vittorio Emanuele III (1900-1946), nel febbraio 1901 chiamò alla guida del Paese il leader della sinistra liberale Giuseppe Zanardelli.
Zanardelli affidò il Ministero degli Interni a Giovanni Giolitti. Giolitti assunse di lì a poco, il 3 novembre 1903, la Presidenza del Consiglio: è questa la figura che più delle altre emerse dalla crisi di fine secolo.

L’articolo L’Italia nella crisi di fine secolo, 1896-1901 è tratto da Riassunti di Storia – Volume 9 di Studia Rapido

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