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La scomunica, il suo valore nel tempo

La scomunica (dal latino tardo excomunicare, «escludere dalla comunità dei fedeli») è la punizione destinata a un cattolico che abbia peccato gravemente sul piano morale o su quello della fede. Comporta l’esclusione dal diritto di ricevere o amministrare i sacramenti e, quindi, dalla comunità dei fedeli (cioè la Chiesa). Il provvedimento decade con l’assoluzione, che lo scomunicato può ottenere se dimostra un sincero pentimento.

Esistono due gradi di scomunica: una maggiore che colpisce i cosiddetti vitandi (coloro che vanno evitati a causa di gravi errori); una minore che colpisce i tolerati (i tollerati).

Scomunica Latae sententiae

Si definiscono latae sententiae (sentenze emesse) quelle scomuniche (automatiche) nelle quali si incorre solo per il fatto di aver commesso alcuni peccati particolarmente gravi e non è necessario che siano esplicitamente comminate da un ente ecclesiastico.

Alcuni dei peccati per i quali si incorre in scomuniche di questo tipo sono la profanazione dell’ostia e del vino consacrati per la comunione; la violenza fisica contro il pontefice; l’ordinamento di un vescovo senza l’approvazione del papa; aborto; eresia, che consiste nella contestazione di dogmi ufficiali della religione cattolica; lo scisma, cioè la separazione dall’autorità della Chiesa di Roma; apostasia, cioè l’abiura pubblica e solenne del proprio credo.

Per alcuni di questi peccati, come la profanazione dell’ostia e del vino consacrati e la violenza fisica contro il papa, la scomunica è riservata alla Santa Sede, nel senso che solo per diretta autorità del papa essa può essere sciolta.

La scomunica è stata molto praticata durante l’età medievale e moderna.

Che cosa comportava la scomunica nel Medioevo?

Nel Medioevo la scomunica divenne uno strumento di potere. Spesso i pontefici la usarono contro imperatori e nemici politici per indebolirne l’autorità. Se, infatti, un imperatore o un re era scomunicato, i sudditi erano automaticamente esonerati dall’obbligo di obbedirgli.

La scomunica di Enrico IV

Celebre è il caso dell’imperatore Enrico IV (1050- 1106), deposto e scomunicato da papa Gregorio VII nell’ambito della decennale lotta per le investiture che vide contrapposti Impero e Papato. Enrico IV, temendo una rivolta dei sudditi, decise di chiedere il perdono del papa, umiliandosi al punto di aspettare per tre giorni sotto la neve davanti al castello di Matilde di Canossa, dove in quel momento si trovava ospite Gregorio VII (1077).

La scomunica di Federico II di Svevia

Celebre è anche la scomunica che colpì Federico II di Svevia il 23 marzo 1228 perché continuava a rimandare la crociata per la quale si era impegnato. All’adempimento dell’impegno la scomunica venne annulata (28 agosto 1230).

Aumenta il numero degli scomunicati

Originariamente la scomunica era comminata ad personam, cioè a singoli individui la cui condotta era giudicata contraria alla morale cristiana e alla teologia. Nel XIII secolo, di fronte al diffondersi delle eresie, essa veniva anche inflitta, genericamente, a tutti coloro che non rispettavano un ordine impartito dalla Chiesa.

Allo stesso tempo, il campo di applicazione della scomunica si estese, ed essa finì persino per colpire i debitori, facendo enormemente salire il numero degli scomunicati. E così, il prete, ogni domenica, durante la messa, recitava la lista dei cattivi cristiani, obbligati a uscire dalla chiesa prima dell’eucarestia.

Questo uso indiscriminato riversò sulla scomunica papale un’ondata di impopolarità che indebolì il prestigio delle autorità ecclesiastiche. Nel suo attacco alla Chiesa di Roma, Lutero ebbe buon gioco nel condannare la scomunica come un simbolo della «tirannia» e dell’«ignoranza» del clero.

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