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Odi barbare di Carducci, riassunto

Le Odi Barbare di Giosue Carducci è una raccolta di 50 poesie scritte tra il 1873 e il 1893.

Queste poesie appartengono allo stesso arco temporale di quelle delle Rime nuove. Presentano anche gli stessi temi: rievocazioni storiche (Dinanzi alle terme di Caracalla) e patriottiche (Alla regina d’Italia); spunti intimi e autobiografici (fra cui l’amore per Carolina Cristofori Piva, cantata con il nome di Lidia → Alla stazione in una mattina d’autunno); la pacata rassegnazione di fronte alla morte (Nevicata).

C’è in più l’accentuazione a rifugiarsi nel passato come paradiso perduto di bellezza e di forza, per dimenticare il presente (Nella piazza di San Petronio).

La metrica barbara

La raccolta delle Odi barbare di Carducci è considerata uno dei momenti più alti della sua poesia, nonché la più significativa espressione del suo classicismo. In essa, infatti, il poeta ha adattato alla metrica quantitativa latina, basata sulla divisione in sillabe lunghe e brevi, quella accentuativa italiana, in cui il verso è scandito dagli accenti ritmici.

Consapevole di quanto fosse ardito l’esperimento stilistico, che per altro non costituiva una novità in assoluto (c’erano state esperienze analoghe in passato, quali il Certame coronario nel 1441, bandito da Leon Battista Alberti, le odi del Trissino, altri tentativi nel Seicento), Carducci stesso, definì le sue odi barbare, perché tali sarebbero sembrate agli antichi se avessero potuto ascoltarle.

Nelle Odi barbare i metri usati sono dunque quelli tipici della poesia greca e latina: distici elegiaci, esametri, odi saffiche, alcaiche, asclepiadee, archilochee.

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