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La Marcia su Roma, 28 ottobre 1922

28 ottobre 1922: la Marcia su Roma

Il contesto storico

Nel maggio 1921 la lista fascista partecipa alle nuove elezioni ed entra in Parlamento con 35 deputati fascisti, tra cui Mussolini.

Nell’agosto 1921, grazie alla mediazione del Presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi (1873-1951), è sancita una sorta di tregua tra fascisti e socialisti, con la firma di un patto di pacificazione, che ha vita breve non trovando mai una convinta adesione tra le due parti.

Nel novembre 1921 Mussolini trasforma i Fasci di Combattimento in Partito nazionale fascista, che può contare su oltre 200.000 iscritti.

Nel febbraio 1922 il governo Bonomi cade ed è sostituito dal governo affidato a Luigi Facta (1861-1930), giolittiano dalla scarsa autorità politica che altro non fa che dare ulteriore spazio alla violenza squadrista. Questa coinvolge intere province e occupa grandi centri come Ferrara, Bologna e Cremona.

La sinistra è ormai del tutto incapace di organizzare una risposta efficace; tardiva è la decisione della componente riformista del Partito socialista italiano di ribellarsi alla maggioranza massimalista, che rifiuta qualsiasi alleanza con i democratici, essenziale, invece, per la creazione di un governo abbastanza forte da contrastare la destra fascista. Lo sciopero generale legalitario proclamato il 1 agosto 1922 dai sindacati in difesa delle libertà costituzionali diventa il pretesto per i fascisti per una nuova offensiva contro il movimento operaio.

Le conseguenze per la sinistra sono l’ennesima scissione. Nell’ottobre del 1922 Filippo Turati (1857-1932) e i riformisti lasciano infatti il Psi per costituire il Partito socialista unitario, il cui segretario sarà Giacomo Matteotti. Turati tenta comunque, in quelle settimane di ottobre precedenti alla marcia su Roma, di convincere il re a formare un governo di coalizione. In realtà sarà proprio l’atteggiamento del re a favorire il colpo di stato di Mussolini, passato alla storia come “la marcia su Roma”.

Se i socialisti escono dallo scontro ulteriormente indeboliti e divisi, Mussolini si prepara alla conquista del potere. Da una parte, intreccia rapporti con gli esponenti liberali più in vista, in previsione di una partecipazione fascista consistente al governo e sconfessa definitivamente le simpatie repubblicane per assicurarsi le simpatie della monarchia e promette più spazio all’iniziativa privata, conquistando così l’appoggio degli industriali; dall’altro, incoraggia le squadre d’azione al colpo di stato.

La Marcia su Roma

Il 27 ottobre 1922 inizia la mobilitazione delle milizie fasciste, pronte a dirigersi su Roma.

La notizia arriva a Luigi Facta, che la mattina del 28 ottobre convoca il Consiglio dei Ministri. Il Consiglio dei Ministri decide la proclamazione dello stato d’assedio per fronteggiare con il regio esercito i fascisti in marcia verso la capitale. Il re rifiuta di firmare il decreto.
Luigi Facta si dimette e ad Antonio Salandra (1853-1931) è affidato l’incarico di formare il nuovo governo.
Il re propone a Mussolini di governare al fianco di Salandra; Mussolini rifiuta, dichiarando che avrebbe accettato solo la designazione a Capo del Governo.
Intanto i fascisti sono giunti alle porte dela capitale. Vittorio Emanuele III invia personalmente alle truppe l’ordine di ritirarsi. I fascisti entrano a Roma e, il 30 ottobre, il re incarica Mussolini di costituire il nuovo governo.

Il 16 novembre 1922 Mussolini presenta il nuovo governo (di cui fanno parte, con i fascisti, esponenti liberali, popolari, democratici e nazionalisti) alle Camere per chiederne la fiducia e ottiene alla Camera 306 sì e 116 no, al Senato 196 sì e 19 No.

con trecentomila fascisti armati potevo castigare chi ha infamato il fascismo; potevo sprangare il parlamento e costituire un governo di solo fascisti. Potevo, ma per il momento non ho voluto.

Tratto dal discorso di Mussolini alla presentazione del nuovo governo fascista.

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