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Anna Maria Mozzoni: la vita e il pensiero politico

Anna Maria Mozzoni nasce a Rescaldina, vicino a Milano, il 5 maggio 1837, da una famiglia di nobili origini, liberale e progressista, antiasburgica. Viene educata in un collegio per giovani nobili, in un ambiente reazionario. Dopo il collegio, prosegue la sua formazione da autodidatta, con le letture dei pensatori politici contemporanei (tra cui Giuseppe Mazzini), degli illuministi e dei socialisti utopistici.

Nel 1864 pubblica il suo primo scritto politico: La donna e i suoi rapporti sociali. All’indomani dell’Unità d’Italia (1861) Mozzoni si rivolge alle «giovani donne», invitandole a riscattarsi dalla condizione di oppressione, di cui rintraccia le cause nella religione, nel diritto, nella famiglia e nella società. Era dunque necessario creare le condizioni affinché le donne potessero accedere all’istruzione e al lavoro e avere l’uguaglianza giuridica. Invece, la legislazione del nuovo Stato italiano assegnava alla donna doveri ma non le dava diritti (le negava l’accesso alle professioni e la rendeva subalterna all’uomo nel matrimonio).

Nel 1865 pubblica il suo secondo scritto polemico: La donna in faccia al progetto del nuovo Codice civile italiano. In esso denuncia le discriminazioni che caratterizzavano la situazione giuridica delle donne e criticava il nuovo codice Pisanelli, che segnava un regresso rispetto alla legislazione pre-unitaria.

Nel 1866 pubblica Un passo avanti nella cultura femminile. Tesi e progetto, in cui contesta il sistema scolastico che prevedeva percorsi differenziati per maschi e femmine, ed educava la donna a compiti di utilità domestica. Alla critica unì la capacità di proposta, elaborando un nuovo programma scolastico, che dava spazio alle discipline scientifiche.

Nel 1868 è tra le fondatrici della rivista quindicinale La Donna. Scritto solo da donne, aveva come obiettivo quello di educare politicamente le donne e di renderle consapevoli dei loro diritti, per i quali dovevano combattere.

Nel 1869 traduce The subjection of women (La servitù delle donne), del filosofo liberale John Stuart Mill. Come Mill, Mozzoni sostiene la necessità di un governo garante delle libertà civili e politiche e della giustizia sociale, ritenendo che l’autonomia, la libertà di coscienza e di pensiero e il diritto alla felicità siano prerogative di tutti gli individui, a prescindere dal sesso.

Nel 1870 è chiamata a insegnare filosofia morale in un liceo femminile di Milano.

Anna Maria Mozzoni si è battuta per tutta la vita per la concessione del voto alle donne: nel 1877 presenta una petizione pubblica al Parlamento italiano. Chiede di considerare le donne per quello che sono: cittadine e contribuenti, lasciando da parte le speculazioni sulla natura e sulla missione femminile (maritarsi, procreare, prendersi cura della famiglia e dedicarsi alle attività caritatevoli); nel 1882 rivolge una sdegnata critica a Giuseppe Zanardelli, responsabile della commissione parlamentare che aveva respinto nuovamente la proposta di suffragio femminile; nel 1906 torna a scrivere una petizione pubblica rivolta al Parlamento con Maria Montessori, per la richiesta di voto politico e amministrativo per le donne.

Anna Maria Mozzoni s’impegna anche contro la regolamentazione statale della prostituzione (da lei definità “l’indegna schiavitù“), che con il sistema delle case chiuse isolava le donne e le sottoponeva al potere discrezionale della polizia.

Nel 1881 fonda la Lega promotrice degli interessi femminili, che sostiene la nascita del Partito socialista, con cui collabora in diverse occasioni pur senza aderirivi e mostrando anche visioni apertamente divergenti (critica le proposte di tutela del lavoro femminile sostenute da Anna Kuliscioff, considerandole controproducenti, perché rischiavano di limitare le possibilità lavorative delle donne, causandone il ritorno ad un ruolo esclusivamente domestico).

Nel 1886 sposa il conte Malatesta Covo Simoni, avvocato più giovane di lei. Adottano una bambina, Bice (secondo alcuni figlia naturale della Mozzoni), ma il matrimonio s’interrompe dopo sette anni, forse per la leggerezza del conte nella gestione patrimoniale.

Quando la legge del 1912 esclude ancora una volta le donne dal diritto di voto, Anna Maria delusa si ritira a vita privata. L’attesa delle donne italiane si conclude solo nel 1946.

Anna Maria Mozzoni muore a 83 a Roma, il 14 giugno 1920.

 

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