Home » Riassunti » Canto 23 Inferno: gli ipocriti – riassunto

Canto 23 Inferno: gli ipocriti – riassunto

Il canto 23 dell’Inferno di Dante si svolge nella sesta bolgia dell’ottavo cerchio. Qui sono puniti gli ipocriti, coloro che mostrano al mondo una natura diversa dalla loro vera indole; procedono lentamente coperti da pesanti cappe di foggia simile a quella monastica, sono rivestite di piombo all’interno e dorate all’esterno, con il cappuccio che ricade sugli occhi: questo è il contrappasso per aver nascosto in vita la loro malvagità sotto le apparenze della bontà.

Bersaglio del canto 23 Inferno sono quei religiosi che, dietro i loro abiti, celarono una condotta deplorevole. Del resto, la satira sulla corruzione dei frati era un tema molto diffuso nel Medioevo: si pensi al Decameron di Boccaccio, successivo di qualche decennio.

Canto 23 Inferno riassunto e spiegazione

Dante e Virgilio sfuggono ai diavoli vv. 1-57

Lasciati i 10 diavoli (i Malebranche) alle loro spalle (vedi canto 22 Inferno), Dante e Virgilio proseguono da soli il loro cammino verso la bolgia successiva (la sesta). Dante è preoccupato: ha paura che i diavoli, ingannati e scherniti da Ciampolo di Navarra, si vendicheranno, inseguendoli e catturandoli. E infatti, eccoli apparire furibondi, con le ali tese. Subito Virgilio afferra Dante e si lascia scivolare per il pendio della sesta bolgia, ponendo entrambi al sicuro. Qui, infatti, i diavoli, posti a custodire la quinta bolgia, non possono entrare.

Gli ipocriti della sesta bolgia: chi sono e la loro punizione vv. 58-72

I dannati puniti nella sesta bolgia dell’ottavo cerchio sono gli ipocriti, che mostrano al mondo una natura diversa dalla loro vera indole. Essi camminano faticosamente e lentamente, perché indossano una pesantissima cappa di piombo, rivestita d’oro all’esterno, con i cappucci abbassati sugli occhi, di foggia simile a quella monastica. Dante e Virgilio, pur procedendo nella stessa direzione, li superano sempre, trovando ad ogni passo nuovi compagni di strada.

Catalano dei Catalani e Loderingo degli Andalò vv. 73-108

Dante chiede a Virgilio di indicargli qualche dannato illustre, quando uno dei dannati, dalla parlata, ha capito che Dante è toscano e lo implora di rallentare e aspettarlo. Si avvicinano così due dannati, che con meraviglia si accorgono che Dante è ancora vivo e gli chiedono chi sia. Dante risponde brevemente e ricambia la domanda. Viene così a sapere che si  tratta di due frati gaudenti di Bologna: Catalano dei Malavolti e Loderingo degli Andalò; ebbero insieme la carica di podestà a Firenze nel 1266, per riportare la pace tra le fazioni rivali, dopo la battaglia di Benevento; invece, essi fecero rientrare i Guelfi e bandirono i Ghibellini dalla città, confiscando i loro beni.

La pena di Caifa vv. 109-126

Nel frattempo, Dante scorge un dannato crocefisso a terra con tre pali, calpestato dagli altri dannati. Si tratta di Caifa, il sommo sacerdote che, come si narra nei Vangeli, consigliò di condannare a morte Gesù per evitare sommosse popolari, mentre in realtà era preoccupato per il prestigio dei sacerdoti. Caifa sconta la pena assieme al suocero Anna e a tutti i membri del concilio che condannò a morte Gesù.

Catalano dei Catalani smaschera le menzogne del diavolo Malacoda vv. 127-148

Virgilio domanda all’ipocrita Catalano la via per andarsene e questi gli indica le macerie del ponte roccioso che univa la sesta e la settima bolgia, crollato. Virgilio si rende allora conto che Malacoda gli ha mentito dicendogli che i ponti della sesta bolgia erano intatti (vedi canto 21 Inferno). Virgilio, stizzito, s’incammina seguito da Dante.

 

Ultimi articoli

Giochi

Sullo stesso tema