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Le donne nel Rinascimento: condizione e ruolo

Le donne nel Rinascimento rivestivano un ruolo subalterno, dovevano essere spose e perfette madri di famiglia. La virtù dell’obbedienza era molto raccomandata alle donne, che per tutta la vita dipendevano dall’autorità di qualcun altro (prima il padre, poi il marito). Solo le vedove, a volte, erano libere di decidere da sé.

L’istruzione delle donne nel Rinascimento

La società del Rinascimento era fortemente maschilista e le opportunità per le donne erano limitate. Gli umanisti in genere erano favorevoli a una maggiore istruzione femminile, ma molti di loro erano convinti che conoscenze troppo vaste fossero inutili per le donne e perfino dannose, perché avrebbero potuto renderle litigiose e disobbedienti. Le donne istruite erano quindi un’eccezione: soltanto in particolari circostanze, alcune donne, nobili e ricche, poterono intraprendere studi classici, riservati solo ai maschi. Le povere non ricevevano istruzione alcuna; quelle di famiglia benestante imparavano a scrivere e a leggere la Bibbia e qualche libro di preghiere, ma per il resto venivano educate ai lavori domestici, soprattutto di filato e di cucito.

La dote delle figlie e il matrimonio

Il matrimonio era il momento centrale della vita delle donne, l’alternativa era il convento; quelle che non seguivano queste vie, rimanevano nella casa paterna. Nelle famiglie nobili i matrimoni erano contratti tra famiglie, stabiliti anche per garantire accordi politici. C’era l’usanza di fidanzare i figli in tenera età, usanza diffusa anche tra famiglie borghesi.

Nell’Europa del Rinascimento, nessuna ragazza poteva sposarsi senza la dote, cioè quella parte dei beni di famiglia assegnata alle figlie al momento del matrimonio. Per procurarsi la dote, bambine di 6-8 anni venivano mandate a lavorare come domestiche presso una famiglia, che si impegnava a versare loro una certa somma al momento opportuno. Con l’affermarsi della società mercantile la dote divenne un impegno così grosso che a Firenze venne istituito, nel 1425, il “Monte delle doti“. A questo fecero seguito molte altre istituzioni simili, tra cui il “Monte dei maritaggi” di Napoli (1578) e il “Monte del matrimonio” di Bologna (1583). Erano sia istituzioni di credito che istituzioni di beneficenza, perché oltre a garantire interessi sui depositi gestivano anche lasciti e donazioni, private e pubbliche, a vantaggio di ragazze senza dote o con doti insufficienti. Della dote, che era causa di tante preoccupazione per le famiglie, la figlia non poteva disporre, perché essa passava direttamente dalle mani del padre a quelle del marito. Questi invece poteva usarla come voleva, anche senza il consenso della moglie.

Per le donne sposate era fondamentale avere molti figli

Una volta sposate, il principale compito delle donne era quello di assicurare alla famiglia degli eredi: la mortalità infantile era altissima e bisognava mettere al mondo molti figli, nella speranza che qualcuno sopravvivesse. Nelle famiglie ricche era diffusa l’usanza di affidare il neonato a una balia, cioè di farlo allattare da un’altra donna, allontanandolo per qualche tempo dalla madre.

Il ruolo delle donne e la caccia alle streghe nel Rinascimento

Nel Rinascimento solo alcune riuscirono a mettere a frutto le proprie doti, ad avere potere e a proteggere letterati e artisti. Isabella d’Este (1474-1539) per esempio, governò il ducato di Mantova con grande saggezza ed energia, prima a fianco del marito e, dopo la morte di questi, in nome del figlio ancora minorenne. Con lei il ducato diventò uno dei maggiori centri del Rinascimento italiano, frequentato da importanti artisti come il pittore Tiziano Vecellio. Cecilia Gallerani (1473-1536) immortalata da Leonardo da Vinci ne La dama con l’ermellino, inaugurò a Milano un salotto letterario.

Anche se poche, nel Rinascimento ci furono donne che riuscirono a dedicarsi all’arte e alle lettere, poetesse che scrissero versi in volgare e anche in latino, musiciste che raggiunsero la notorietà e valenti pittrici. Una di queste ultime è Sofonisba Anguissola (1530-1626). Nata in una nobile famiglia di Piacenza, ricevette un’ottima educazione. Suo padre la sostenne e inviò alcuni suoi schizzi a Michelangelo, che li apprezzò. Un’altra donna importante del Rinascimento è la poetessa Vittoria Colonna (1490-1547), che apparteneva a una delle più nobili famiglie romane. Ricordiamo pure Gaspara Stampa (1523-1554).

In età rinascimentale si intensificò la caccia alle streghe, un fenomeno iniziato nel Medioevo, ma in grande sviluppo nei secoli XVI e XVII. In questo periodo vennero accusate di stregoneria migliaia di donne e un gran numero di loro venne condannato a morte per rogo, per affogamento, per decapitazione. Era diffusa la convinzione che le donne fossero per natura più esposte alle tentazioni e più facili prede del demonio.

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