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I Fasti opera incompiuta di Ovidio riassunto

I Fasti è l’opera incompiuta di Ovidio (43 a.C. – 17 d.C.), perché interrotta dopo 6 dei 12 libri previsti. Il progetto era quello di illustrare gli antichi miti e costumi latini, seguendo la traccia del calendario romano, in cui la successione dei giorni e dei mesi è accompagnata dalle ricorrenze religiose e civili, indicate da siglie e cifre.

Erano quindi previsti dodici libri (in distici elegiaci), ognuno per un mese dell’anno. Ovidio, invece, ne compose solo 6 (quelli relativi ai mesi che vanno da gennaio a giugno), forse perché l’imperatore Augusto lo costrinse all’esilio a Tomi (oggi nell’attuale Romania), una sperduta località del Mar Nero, da cui non fece più ritorno.

I Fasti, allora, in un successivo ripensamento, furono dedicati non più all’imperatore Ottaviano Augusto ma a Germanico, nipote dell’imperatore.

Con I Fasti Ovidio intendeva spiegare l’origine dei culti, le festività e le tradizioni varie della storia di Roma. Molte usanze e tradizioni erano infatti ancora avvolte nel mistero e il popolo era curioso di conoscerne il significato e l’origine.

Alla base dell’opera c’era sicuramente anche la volontà di fare cosa gradita all’imperatore Ottaviano Augusto, il quale apprezzava ogni tentativo di esaltare le radici della storia di Roma. L’intento celebrativo rimane però esteriore e Ovidio si pone con l’atteggiamento di chi vuole raccontare solo una bella favola, così come aveva manifestato nelle Metamorfosi.

Si tratta di un’opera di carattere eziologico ed erudito, ispirata al gusto alessandrino. Non mancano l’elemento erotico e i toni giocosi e ironici.

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