Home » Riassunti » Il Giorno di Giuseppe Parini: struttura e contenuti, riassunto

Il Giorno di Giuseppe Parini: struttura e contenuti, riassunto

Il Giorno di Giuseppe Parini: struttura e contenuti. Riassunto semplice ma dettagliato.

Il Giorno di Giuseppe Parini è un poemetto didascalico-satirico in endecasillabi sciolti (cioè non raggruppati in strofe e privi di rime), considerato il suo capolavoro.

Il Giorno di Giuseppe Parini comprende il Mattino (pubblicato nel 1763), il Mezzogiorno (1765) e i frammenti del Vespro e della Notte (che furono pubblicati postumi del 1801).

In qualità di precettore, Giuseppe Parini finge di insegnare al giovine nobile come deve comportarsi durante la giornata e quali debbano essere le sue più importanti occupazioni. Così, grazie a questo pretesto, Parini mette in ridicolo la vita frivola, oziosa e vuota degli aristocratici ed esalta, invece, la vita operosa e sana dei contadini e degli operai.

Il tono dominate del poema è quello dell’ironia, che però si trasforma molto spesso in indignazione nei confronti della società aristocratica superba e crudele, del tutto indifferente ai problemi e alle sofferenze della plebe.

Il Mattino

Il Mattino si apre con il tardo risveglio del «giovin signore» e con le sue prime fatiche: la scelta difficile tra la cioccolata e il caffè, la lezione con i maestri di danza, di canto e di francese, che gli ispirerà un «giusto odio» contro quelli che parlano italiano.

Vestito quindi dai servi, potrà finalmente rivolgere il pensiero alla donna che il cielo gli ha destinato: non certo la sposa, perché il poeta sarebbe un pessimo precettore se osasse consigliargli il matrimonio che lo ridurrebbe a «stallone ignobil della razza umana», ma invece «la pudica d’altrui sposa a te cara», di cui il giovane è il cicisbeo.

Significativa a questo proposito la favola di Amore e Imene, che spiega le origini del cicisbeismo¹: Amore e Imene, figli di Venere, un tempo andavano d’accordo. Poi, in seguito alla ribellione di Amore, ebbero dalla madre compiti diversi: Imene, dio del matrimonio, regnò sulle anime durante il giorno; Amore invece regnò sui corpi durante la notte.

La favola allude al fatto che nella società nobiliare il matrimonio si riduce a pura facciata esteriore, mentre l’amore è riservato esclusivamente ai rapporti adulteri tra il cavalier servente e la dama.

Il giovane signore dovrà poi affrontare le fatiche della toilette: l’abluzione dei profumi; i ferri del parrucchiere (e nel mentre si dedicherà a qualche lettura alla moda: un po’ di Voltaire, qualche novella licenziosa); la difficile operazione di incipriatura che gli imbiancherà i capelli; la scelta dei vari gingilli che metterà addosso (anelli, gemme, fiale di profumo, confetti odorosi, tabacchiere, orologi ecc.).

Finalmente, preparata la carrozza – ma non senza fatto attendere il cocchiere – egli si recherà a pranzo dalla sua dama, senza preoccuparsi se nella rapida corsa investirà qualche incauto plebeo.

Il Mezzogiorno

Se nel Mattino domina la figura del giovin signore, nel Mezzogiorno la scena si allarga: «signoreggia la pudica sposa di uno, cara ad un altro».

La scena si apre infatti con la dama davanti alla toilette. È circondata da alcuni «giovani eroi» che pettegolano sugli amori altrui, mentre in disparte il marito sorride placidamente bonario.

L’arrivo del giovin signore, austero come un sultano che entri nell’harem, fa dileguare questi comprimari. I due giovani si siedono vicino, scambiandosi qualche complimento o qualche battuta pungente.

Viene poi il momento del pranzo, durante il quale si assaggeranno le vivande prelibate più per voluttà (propria degli spiriti raffinati) che per bisogno (tipico della plebe): la favola del Piacere, che il Parini inserisce a questo punto, serve appunto a giustificare ironicamente le differenze sociali.

Tra la «folla di eroi» che siedono a mensa c’è tutta una serie di macchiette: il gran mangiatore che «superbamente di ventre agita mole»; il vegetariano, che rifiuta sdegnato la carne perché ha pietà delle povere bestie che gli uomini crudeli uccidono per soddisfare il proprio appetito (e qui si inserisce l’episodio famoso de La vergine cuccia).

Il giovane signore durante il pranzo dovrà badare ai bisogni della dama e nel contempo partecipare brillantemente alla conversazione facendo sfoggio della sua cultura: esalti il commercio in dispregio dell’agricoltura; discuta con l’astronomo e l’ingegnere, gettando nella conversazione qualche vocabolo scientifico che ha orecchiato; si beffi del poeta; parli di filosofia.

Dopo il pranzo, i convitati si trasferiranno in un’altra stanza a prendere il caffé, mentre fuori del palazzo una turba di mendicanti con le narici splancate gusta gli odori della mensa.

Il Vespro

Nel progetto iniziale il Mezzogiorno doveva essere seguito da una terza parte, la Sera. Questa però venne divisa in due momenti, il Vespro e la Notte.

Il Vespro descrive all’inizio il sole che si affretta al tramonto e che finalmente, dopo aver visto durante tutta la giornata solo i lavoratori al servizio del giovin signore, potrà ammirare colui «che da tutti servito a nulla serve». È infatti l’ora delle visite: potranno recarsi da un amico ammalato o, meglio, inviargli un biglietto (e sarà scelta difficile trovare quello più adatto); o forse sarà meglio andare da un’amica che è stata colpita da malore (e in questo caso non dovrà mancare qualche allusione pungente); o, ancora, si potrà far visita a una partoriente.

Viene poi l’ora della gran passeggiata in carrozza al corso dove si faranno altri interessanti incontri: lo scialacquatore, i nobili decaduti, i borghesi arricchiti, le giovine dame e le vecchie matrone. Al calar della sera, il cocchiere discreto parcheggerà la carrozza in un angolo oscuro.

La Notte

Nella Notte, il centro d’azione è un gran ricevimento, che si tramuta in una grande passerella su cui sfilano: il frequentatore assiduo dei caffé, quello che si diletta a far schioccare abilmente la frusta, il costruttore di carrozze, il domatore di cavalli, l’eroe che passa il tempo a sfilacciare tappeti ecc.

Il tempo passa rapidamente tra battute pungenti, finché arriva il momento del gioco. A questo punto la Notte s’interrompe, dopo più di 700 versi; rimangono, oltre ad alcuni frammenti di difficile collocazione, una ricca serie di appunti da cui si deduce che doveva seguire la descrizione del nostro eroe al teatro.

¹ Il cicisbeismo è quel costume per cui una dama sposata aveva diritto, e spesso per contratto matrimoniale, ad un cavalier servente. Questi, in realtà, intrecciava con essa dei rapporti che costituivano una velata forma di adulterio. Di questo costume, il Parini colpisce insieme agli aspetti più frivoli e ridicoli, quelli più gravi che minavano l’unità della famiglia, il rapporto tra i coniugi, l’educazione dei figli.

 

Ultimi articoli

Giochi

Sullo stesso tema