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Il ritratto di Cesare, da Vite Parallele di Plutarco

Presentiamo un brano tratto dalle Vite parallele dello storico greco Plutarco (45 – 125 ca. d.C.) in cui è descritta la personalità di Gaio Giulio Cesare.

Plutarco: il ritratto di Cesare – Cesare era di costituzione fisica asciutta, di carnagione bianca e delicata; subiva frequenti mal di capo e andava soggetto ad attacchi di epilessia: la prima manifestazione l’ebbe, pare, a Cordova. Eppure non sfruttò la propria debolezza come un pretesto per essere trattato con riguardo; al contrario, fece del servizio militare una cura della propria debolezza.
Compiendo lunghe marce, consumando pasti frugali, dormendo costantemente a cielo aperto, sottoponendosi ad ogni genere di disagi, sgominò i suoi malanni e serbò il suo corpo ben difeso dai loro assalti.

Si coricava la maggior parte delle notti su qualche veicolo o nella lettiga, sfruttando il riposo per fare qualcosa. Durante il giorno si faceva portare in visita alle guarnigioni, alle città, agli accampamenti ed aveva seduto al fianco uno schiavo che era abituato a scrivere sotto dettatura anche in viaggio (per un approfondimento leggi Giulio Cesare scrittore latino clicca qui), e dietro, in piedi, un soldato con la spada sguainata. Viaggiava così rapidamente, che la prima volta partì da Roma e compì il viaggio fino al Rodano in otto giorni.
Cavalcare era stato sempre facile per lui fin da bambino; sapeva persino mantenersi in sella col cavallo spinto a grande carriera, tenendo le mani riunite dietro il dorso. Durante la campagna militare in Gallia si esercitò inoltre a dettare lettere mentre cavalcava, e a tenere testa contemporaneamente a due scrivani, dice Gaio Oppio, amico di Cesare, o anche più. Si narra anzi che Cesare sia stato il primo ad usare la corrispondenza per tenersi in contatto coi suoi amici, quando la massa dei suoi impegni e l’estensione di Roma non gli consentivano d’incontrarli di persona per discutere affari urgenti.

A dimostrare quanto poco esigente fosse in tema di cibo, si cita di solito questo episodio. Un suo ospite, presso cui mangiava a Milano, Valerio Leone, mise in tavola degli asparagi conditi con mirra, anziché con olio. Cesare li mangiò tranquillamente e rimbrottò i suoi amici che si sentivano offesi. “Bastava, disse, che coloro a cui non piacevano non se ne servissero. Chi si lamenta di una zoticaggine come questa, è uno zotico anche lui”.
Un’altra volta, mentre era in viaggio, una tempesta lo costrinse a riparare nella capanna di un poveraccio; come vide che si componeva non più di una stanza, capace di ospitare a mala pena una sola persona, disse, rivolto agli amici: “Gli onori spettano ai più potenti, ma le comodità ai più deboli”, e impose a Gaio Oppio di riposare lui nell’interno, mentre egli dormì con gli altri sotto la gronda, davanti alla porta.

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