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Niccolò III il papa simoniaco

Niccolò III, nato Giovanni Gaetano Orsini (1216-1280), papa dal 1277 al 1280, anno della sua morte. Dante lo colloca nel canto XIX dell’Inferno, nella terza bolgia dell’ottavo girone, riservata agli uomini di Chiesa corrotti, i cosiddetti simoniaci, che, come già Simon Mago da cui prendono il nome, hanno fatto commercio delle cose sacre.

Il pontificato di Niccolò III fu caratterizzato da una politica accentatrice, fondata sulla simonia (cioè sul commercio delle cose sacre) e sul nepotismo, attraverso cui egli consentì ai componenti della sua famiglia di fare carriera: nell’ultima nomina di cardinali del suo pontificato, su nove porporati, tre erano suoi nipoti.

Dante incontra papa Niccolò III

Dante lo colloca fra i simoniaci, nel canto XIX dell’Inferno, nella terza bolgia dell’ottavo cerchio.

Tra le fosse in cui i dannati giacciono a testa in giù, Dante è attratta da quella in cui uno di loro scalcia più degli altri: è la fossa riservata ai papi. Il peccatore che agita le gambe più freneticamente degli altri è papa Niccolò III che scambia Dante per papa Bonifacio VIII (nemico personale di Dante). Meravigliandosi che sia giunto all’Inferno prima del tempo stabilito, Niccolò si rivolge al poeta (scambiato per Bonifacio) con disprezzo: perché, mai sazio di ricchezze, ha ingannato e disonorato la Chiesa. Dante però chiarisce di non essere lui Bonifacio VIII e allora Niccolò esprime una profezia sul futuro ingresso nell’Inferno fra i simoniaci di papa Bonifacio VIII e papa Clemente V, che si è compromesso con il re di Francia Filippo il Bello e ha trasferito la Curia pontificia ad Avignone (vedi Cattività avignonese).

L’invettiva di Dante contro la corruzione dei papi

Dante inveisce allora contro papa Niccolò III, dando via all’invettiva contro tutti i papi simoniaci che hanno prostituito la Chiesa, avverando così la profezia dell’Apocalisse. Causa di tale corruzione è il cattivo uso che i papi stanno facendo del potere temporale nato con la Donazione di Costantino a papa Silvestro.

Il risentimento di Dante contro Niccolò III è originato anche dal suo intervento nel 1280 nelle vicende politiche del comune di Firenze, apparentemente per mettervi pace, in realtà intromettendosi negli affari interni e limitando la libertà comunale.

 

 

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