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Pitagora e i pitagorici

Pitagora nacque a Samo, probabilmente nel 571-570 a.C. Giunse in Italia nel 532-531 e morì attorno al 490 a.C.

A Crotone fondò una scuola che fu anche una setta religiosa e politica, spesso assumendo il potere ed esercitandolo in senso aristocratico. La setta dei pitagorici praticava regole ascetiche e la comunione dei beni.
Quando nella Magna Grecia nacque un movimento democratico che distrusse le istituzioni aristocratiche fondate dai pitagorici, questi ultimi furono massacrati o costretti a fuggire e a trovare riparo al di fuori della Magna Grecia, e le sedi delle scuole furono incendiate.

Pitagora non scrisse nulla quasi sicuramente. La sola dottrina filosofica che gli si può attribuire con certezza è quella della metempsicosi, cioè della trasmigrazione delle anime, dopo la morte, in corpi di altri uomini o di animali.

Ricollegandosi all’orfismo, Pitagora considerava il corpo come la tomba dell’anima, imprigionata in esso per espiare la propria colpa, intesa non come una particolare violazione commessa volontariamente da ogni singolo essere, ma come una sorta di “ingiustizia cosmica”. La via per liberare l’anima dal corpo era, secondo Pitagora, la filosofia, che da un lato esigeva la sapienza, dall’altro la pratica di alcuni riti purificatori.

Pitagora e i seguaci cominciarono a trattare la matematica come una vera e propria scienza, elaborandone concettualmente gli elementi fondamentali e facendo astrazione da tutte le applicazioni matematiche.
La tesi fondamentale è che il numero è la sostanza delle cose.
Il numero è considerato dai pitagorici come un insieme di unità e l’unità è considerata identica al punto geometrico. Ad esempio, il numero 10, considerato come il numero perfetto, è rappresentato come un triangolo che ha il numero 4 per lato e che costituisce la figura sacra della tetraktýs:

 

 

Pitagora
Tetraktyus

Il numero 1, parimpari – il numero zero fu introdotto dagli arabi -, rappresentava l’intelligenza, il 2 l’opinione ( 1+1 ), il 5 il matrimonio ( pari + dispari ).

Aritmetica e geometria sono fuse e considerate identiche: la figura geometrica altro non è che una disposizione, un ordinamento di punti nello spazio, e il numero esprime la misura di questo ordinamento.

Pitagora e i suoi discepoli affermano che la vera natura del mondo consiste in un ordinamento geometrico esprimibile in numeri. E anche ciò che risulta lontano dal numero è riconducibile ad esso e quindi misurabile.

La musica ha un ruolo fondamentale presso i pitagorici. Sia la melodia, cioè la successione delle note, sia l’armonia, cioè l’esecuzione contemporanea di più suoni, producono un bel suono solo se le note sono eseguite secondo un ordine determinato, che può essere tradotto in forma matematica. Il pitagorico Filolao (vissuto nella seconda metà del V secolo a.C.) definisce l’armonia come «l’unità del molteplice composto e la concordanza delle discordanze».

Anche le sfere celesti muovendosi producono una splendida armonia, ma l’uomo da sempre immerso in essa, non riesce a rendersene conto e crede di udire soltanto silenzio; ma se questa “armonia delle sfere” cessasse, allora ci si accorgerebbe cos’è davvero il silenzio.

Quella ricondotta a Pitagora è una filosofia dualistica: spiega la realtà sulla base di due principi, ovvero limite e illimitato, dispari e pari. Il dispari è un’entità limitata, terminata e compiuta e in quanto tale corrisponde a qualcosa di perfetto. Il pari è, invece, un’entità illimitata, non compiuta e non terminata e associato, perciò, a qualcosa di difettoso.
La stessa vicenda dell’universo appariva come un processo di eterno trionfo del limite sull’illimitato, dell’ordine sul disordine, della forma sul caos.

I pitagorici individuavano dieci opposizioni fondamentali, conciliati dal principio di armonia universale:

  1. limite-illimitato
  2. dispari-pari
  3. unità-molteplicità
  4. destra-sinistra
  5. maschio-femmina
  6. quiete-movimento
  7. retta-curva
  8. luce-tenebre
  9. bene-male
  10. quadrato-rettangolo

Nel momento in cui Pitagora e i discepoli giunsero alla scoperta di grandezze tra loro incommensurabili, come ad esempio la diagonale e il lato di un quadrato, considerarono tale scoperta scandalosa tanto da tenerla nascosta per molto tempo. E, quando Ippaso di Metaponto svelò la scoperta ad estranei, fu cacciato dalla scuola e alcune leggende raccontano che i pitagorici gli eressero una tomba, mentre era ancora in vita, e che Zeus in persona lo fece morire in mezzo al mare durante un naufragio.

In astronomia i seguaci di Pitagora furono i primi a sostenere la sfericità della Terra e dei corpi celesti: la sfera, la più perfetta delle figure solide, avendo tutti i punti equidistanti dal centro, è l’immagine stessa dell’armonia.

I pitagorici possono essere considerati i precursori di Copernico. Filolao, infatti, affermava che i pianeti ruotavano attorno a un fuoco centrale, hestìa, che ordinava e plasmava la materia illimitata circostante, dando origine al mondo. Attorno a tale fuoco si muovevano da occidente a oriente dieci corpi celesti: il cielo delle stelle fisse, i cinque pianeti (Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere), il Sole, la Luna e l’Antiterra.

Il pitagorico Ecfanto di Siracusa fu il primo a riconoscere la rotazione della Terra attorno al suo asse, disposto nella direzione del fuoco centrale e dell’Antiterra.

Enoclide, un altro pitagorico, riconobbe l’obliquità dell’eclittica rispetto all’equatore celeste.

Aristarco di Samo, poi, nel III sec. a.C, trasformerà l’ipotesi pitagorica nella teoria eliocentrica, collocando al posto del fuoco centrale, il Sole.

 

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