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Sofocle e il suo teatro sperimentale

Sofocle: vita e opere

Sofocle nasce nel 497 a.C da famiglia molto agiata, ma non aristocratica.
Vicino alle posizioni di Pericle sotto il profilo politico, comincia la sua attività politica piuttosto tardi: a 54 anni è presidente del collegio degli Ellenotami e più volte eletto tra gli strateghi.

Dopo la disfatta siciliana del 413 a.C fa parte del collegio dei probuli con l’incarico di trovare un accordo tra le fazioni politiche ateniesi. Un accordo non si trova ed è la volta della dittatura dei Quattrocento.

Dotato di un profondo senso religioso, è molto legato ad Atene, da cui non si allontana mai.
Muore nel 406 a.C.

Dopo la morte gli viene tributato culto eroico per aver accolto in casa sua il culto del dio Asclepio, durante il trasferimento del simulacro da Epidauro ad Atene.

A Sofocle vengono attribuiti dalla tradizione 123 drammi, di cui a sopravvivere sono state solo 7 tragedie intere: Aiace, Antigone, Trachinie, Elettra, Filottete, Edipo re, Edipo a Colono.

Il teatro di Sofocle: caratteristiche e innovazioni

Le tragedie di Sofocle sono contrassegnate da una forte religiosità al pari del suo predecessore Eschilo, sebbene in Sofocle la figura umana acquisti una maggior importanza a danno di quella oltreumana, che scompare progressivamente. Ciò deriva da quel processo di laicizzazione che si riscontra pure nella nascita della scienza medica con Ippocrate e della storiografia con Erodoto.

Sofocle si colloca tra Eschilo ed Euripide. La sua posizione mediana si riflette in quell’equilibrio sempre sul punto di incrinarsi e che alla fine riesce a mantenersi stabile, pur nel doloroso travaglio di un continuo interrogare e interrogarsi.

Si riscontra nel teatro di Eschilo una coesistenza del vecchio e del nuovo: rimane la fiducia nei valori della tradizione, ma cominciano a comparire nei vari personaggi il coraggio del dubbio. Ne deriva un attento studio introspettivo dei personaggi da parte di Euripide, uno studio che riguarda tanto le figure maschili quanto quelle femminili. Nelle tragedie di Sofocle, infatti, si riscontra un certo numero di figure femminili pari a quelle maschili. Un elemento, quest’ultimo, difficile da riscontrare nel precedente teatro di Eschilo. Nella società ateniese, così attenta alla subordinazione della donna all’uomo, l’attenzione ai caratteri femminili potrebbe essere interpretata come l’inconscio desiderio maschile di offrire alla donna, almeno sulla scena, quel ruolo che le era negato nella vita sociale. Motivo per cui si attribuisce al teatro di Sofocle un certo sperimentalismo.

Le tragedie propongono i momenti noti del mito con un’attiva partecipazione del protagonista all’azione stessa. La capacità di autodeterminazione dell’individuo assume caratteri più definiti rispetto ai tempi di Omero. In Sofocle si trova un’accettazione dell’infelicità dell’uomo in quanto innata alla sua natura. Tale assioma è espresso senza disperazione, con serenità ed equilibrio, sebbene quei personaggi che raggiungono tale consapevolezza sono spesso costretti a gesti estremi, quali il suicidio.

Una visione più interiorizzata e universale dell’uomo che vuole contrapporsi al relativismo culturale diffuso dalla Sofistica, che il governo di Pericle sembrava indirettamente favorire. L’uso spregiudicato del denaro della Lega attica da parte di Atene aveva portato un certo benessere tra i cittadini, sconosciuto in altre città greche. Era, perciò, indispensabile evitare la perdita dei valori propri dell’ideologia della polis. Ecco che il teatro di Sofocle contribuiva a ricordare al cittadino di essere semplicemente un uomo lontano dalla grandezza del dio, che rimane un dio e in quanto tale, lontano dalla piccolezza dell’uomo.

Non è dunque l’uomo la misura di tutte le cose, come esordiva Protagora, ma il dio.

 

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