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Discobolo: dove si trova, chi rappresenta, descrizione

Il Discobolo è una statua originaria di Mirone di Eleutere, scultore greco del V secolo a.C. È tra le più note sculture dell’arte classica e rappresenta un atleta colto nel momento di massima tensione prima del lancio del disco.

La statua originaria, il Discobolo di Mirone, era in bronzo ed è andata perduta, ma il soggetto è giunto fino a noi grazie a copie in marmo o in bronzo di età romana. Tra queste, la migliore e la più bella, per conservazione e fedeltà al modello originale, è la versione Discobolo Lancellotti, II secolo d.C., collocata nel Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, a Roma.

Quella che segue è la storia, la descrizione e l’analisi dell’opera del Discobolo Lancellotti, copia antica del II secolo d.C., da un originale in bronzo del Discobolo di Mirone, V secolo a.C., marmo, altezza 1,56 m. Roma, Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo.

Discobolo versione Lancellotti – Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, Roma

Discobolo Lancellotti
After Myron, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Perché si chiama Discobolo Lancellotti?

La copia dell’originale bronzeo di Mirone è così chiamata dal nome della famiglia nobile romana che l’acquistò, dopo il suo ritrovamento nel 1871 sull’Esquilino.

Perché il Discobolo fu ceduto alla Germania?

Durante la sua visita a Roma, nel maggio 1938, Adolf Hitler rimase colpito dalla perfezione del Discobolo. Per volere di Benito Mussolini e del Ministro degli Esteri Gian Galeazzo Ciano, il proprietario, il principe romano Lancellotti, dovette venderla alla Germania nazista di Hitler. La statua fu consegnata dallo stesso Hitler al Museo di Monaco di Baviera come regalo al popolo tedesco.

Il Discobolo Lancellotti quando fece ritorno in Italia?

Il Discobolo Lancellotti rimase al Museo di Monaco di Baviera fino al 16 novembre 1948 quando il ministro plenipotenziario Rodolfo Siviero (1911-1983), noto soprattutto per la sua importante attività di recupero delle opere d’arte trafugate dall’Italia nel corso della seconda guerra mondiale, lo inserì nell’elenco delle opere d’arte illegalmente trasportate nella Germania nazista e così fece rientro in Italia.

Discobolo Lancellotti – analisi dell’opera

La statua esprime grande dinamismo e trasmette una straordinaria sensazione di movimento. Testimonia in modo efficace la ricerca della perfezione anatomica, della bellezza e dell’armonia cui tendevano gli artisti dell’Età classica.

La figura dell’atleta è in perfetto equilibrio: la tensione del corpo annuncia l’imminente scatto; il braccio destro è sollevato, completamente disteso all’indietro per ottenere più slancio; la mano destra impugna il disco; il braccio sinistro è chino e appoggiato al ginocchio destro; le gambe sono piegate per offrire la forza necessaria al lancio. La testa è girata in direzione del braccio sollevato.

Il viso del giovane Discobolo è assolutamente sereno, non manifesta alcun segno dello sforzo compiuto. Ciò indica che Mirone ha voluto idealizzare la figura dell’atleta perché rappresenti, attraverso la perfezione fisica, la forza interiore dell’uomo.

La muscolatura dorsale è riprodotta con precisione e, nonostante venga sottolineato lo sforzo fisico, il gesto è compiuto con grande eleganza. I muscoli addominali sono descritti con grande realismo anatomico, sottolineando la torsione del busto in avanti.

Il busto dell’atleta si presenta frontalmente, nonostante le sue gambe siano di profilo. Un vero atleta non riuscirebbe a scagliare il disco posizionandosi così.

Le altre versioni del Discobolo

Tra le altre versioni dell’opera, d’importante, oltre a quella Lancellotti, si ricorda il Discobolo Townley al British Museum, a Londra.

Discobolo Townley
British Museum, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons

Nel Museo Nazionale Romano si conserva anche un’altra versione del Discobolo, detta di Castelporziano: questa è incompleta perché manca della testa, di un braccio e di parte delle gambe.

Disopoli Lancellotti (destra) e Castelporziano (sinistra)
Palazzo Massimo alle Terme, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

 

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